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Il Canzoniere 61

     Sì chiare, come ’l sol nel bel sereno.11
Ma quel valor, del ciel perfetto dono,
     Chi sarà mai, ch’a par del vero mostre,
     Se ’l mio gran Tosco qui verrebbe meno?14


V. 1. Lascive chiome, elemento sensuale raro in questo Canzoniere amoroso.

V. 2. Bianco avorio e minio, l’incarnato delle gote e del collo candido questo come avorio, e rosee, o rosse, quelle come minio.

V. 12. Valor, latinismo per virtù.

V. 14. Il mio gran Tosco, il Petrarca, il lirico per eccellenza, maestro impareggiabile d’ogni poeta, che, dal trecento in poi, abbia cantato d’amore. Col possessivo «mio» il Bandello si dichiara della schiera dei petrarchisti e fa, come Dante di Virgilio, del Petrarca il suo «autore» e del Canzoniere il suo «volume»; cfr. il son. CXLVII, 2, dove descrive la «chiusa valle» di Valchiusa, eremo prediletto «al gran Poeta tosco».


VI.

Sulle bellezze fisiche della Mencia. Variante, con poca novità, del sonetto precedente.

Cantar il biondo, crespo crine, e quella
     Quella serena fronte a meraviglia,
     Le nere, vaghe e ben arcate ciglia,
     Dolce ombra all’una, e all’altra chiara stella, 4
Lodar la bocca corallina, e bella,
     U’ l’eloquenza tanta forza piglia,
     La guancia, ch’ostro, e neve rassomiglia,
     La gola, il petto, e la persona snella, 8
Chi non saprà, se chiar si vede ognora
     Ivi ogni ben del mondo esser raccolto
     Con quanta grazia mai non fu, nè fia? 11
Ma dir il bell’ingegno qual si sia,