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306 | Matteo Bandello |
XIII.
La Mencia pur tra le lagrime, è bellissima. Il poeta benedice il dì del proprio innamoramento.
Quella angelica, dolce, ardente vista
Ove pose Natura il foco e l’esca
Di che sì dolcemente Amor m’invesca,
4Quanto più piagne, più s’allegra in vista;
Che, mentre il bel cristal, ch’altrui sì attrista
Giù per le guancie il foco le rinfresca,
Prende un splendor, che quindi par che n’esca,
8Come dal sol rugiada il lume acquista.
E così allor più vaga assai si mostra,
Che quando, alzata, con sua gran beltate
11La bella aurora il ciel n’indora e inostra.
Felice giorno, quando sì beate
Vidi quell’alme luci, dove giostra
14Quant’ha di bello questa nostra etate!
V. 11. N’indora e inostra, ne imporpora il cielo. Bel verso, ma fatto a mosaico con reminiscenze dantesche (Purg., II, v. 8) e petrarchesche. Cfr. ivi, son. LXVII, v. 4.
V. 12. Felice giorno, quello del suo primo vagheggiamento; cfr. CII, v. 97.
V. 14. Anche questa è una di quelle espressioni trite, che cadono frequenti sotto la penna del Bandello.
XIV.
Tre sonetti-epitaffi per morte di tre donne, editi dal Pèrcopo, l. cit. Questo — per una amante che tolse la vita a se stessa ed al proprio fidanzato, perchè non passasse ad altre nozze — è in rapporto con la novella bandelliana II-5 del seguente argomento: «Fabio romano è da Emilia per gelosia ammazzato a