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296 | Matteo Bandello |
fora». E più sotto conferma ancora che del «chiaro grido» di lei, e cioè della di lei vasta reputazione «le rime sue stampate ne fanno ferma fede».
V. 25. Da l’Indo, dall’Indo, fiume dell’India a Tile «l’ultima Tule» degli antichi, isola posta in luogo imprecisato nell’estremo occidente, tra l’Inghilterra e le Orcadi. Tutta la frase ha valore generico per designare lontananza stragrande, da un punto all’altro del globo, ai confini del mondo; cfr. Petrarca, CXLVII, v. 10.
V. 31. Il peccato novo e veglio, recente e antico, l’anima peccatrice riconosce mirando nel terso specchio di virtù del cuore di Margherita.
V. 32. E volta a Dio, nella detta dedica il Bandello proclama «che tra’ Cristiani, pochissimi pari e nessuno superiore se le trova».
Vv. 39-45. S’alcun scrive versi. Tra quanti poeti protesse sono segnalabili in Francia Clement Marot, per tacere d’altri molti, in Italia, oltre il Bandello, Vittoria Colonna, che le inviò tutto un suo manipoletto di rime.
V. 44. Col real favore del re fratello esercita un illuminato mecenatismo proteggendo letterati francesi e stranieri. Per gli italiani sia lecito il rinvio al secondo dei profili, dedicato per l’appunto a Margherita, contenuti nel volumetto Dame di Francia, ediz. cit.
V. 49. Umanamente, con umanità, benevolenza. Già nella lettera di dedica aveva così espresso questo concetto: «di modo che non dubito punto esser appo tutti iscusato e che voi (la vostra mercè) non vi sdegnarete questo mio picciol dono accettare. E quantunque alquanto la Religione l’animo mio e la mente mi commuova, per ciò che al vostro sacro Nume troppo avvicinato mi sono, e forse più di quello era convenevole, dovendosi li Regi buoni e le Regine ottime e sacre, come voi sete, non altrimenti che a par degli Iddii onorare e riverire, io pure mi confido, che imitando voi la divina bontate, al dono che vi mando non risguardarete, ma pensarete a la sincerità di core, con la quale ve lo dono; considerando anco, che li poveri, che non ponno argento e oro a Iddio offrire, con un poco d’incenso lo riveriscano e adorano e uno mazzo di fiori a li sacri altari rappresentano».
V. 53. Ch’opra di carte e inchiostri. Frase che ricorre pure nella Novella II-26: «Ma che altro posso io darvi che carta ed inchiostro?». Reminiscenza ariostesca, cfr. son. II, v. 11, nota, per opere letterarie in generale.
V. 54. Ostri, porpore, in genere, rare dovizie.
Vv. 60-61. La Fama al suo Trionfo chiama, ha presente uno dei Trionfi del Petrarca, il Trionfo della Fama.