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158 | Matteo Bandello |
CI.
Sonetto pastorale; cfr. la triade di sonetti di questo genere LVII-LVIII, LX. Il poeta, mutato in pastore, si denomina, come sappiamo, Delio, e pasce le sue pecore in riva al Mincio, invocando, al rezzo, le divinità pagane, cui offre doni agresti.
Pasceva Delio le sue gregge allora
Vicine al Mencio quando il sol ardea,
E sotto l’ombre quelle conducea,
4Poi la voce così mandava fora:
Pan Dio d’Arcadia, se Siringa ancora
Ti piace, ed arde, come allor solea
Che Te fuggendo canna si facea,
8E Tu piangendo la chiamavi ognora:
Di farina e di mel questa placenta,
E di vin generoso un vaso pieno
11Accetta, e la mia greggia intera serba.
Così sempre Ti sia il ciel sereno,
E della canna il suon da Te si senta
14Allor che con le Ninfe scherzi in l’erba.
V. 5. È l’invocazione a Pan, dio d’Arcadia. Rammenta la gentile leggenda secondo la quale egli, dio dei boschi e dei pascoli, invaghitosi di una delle Oreadi, della Ninfa Siringa, la rincorse per farla sua. Ella invocò l’aiuto di Gea e questa la mutò in canna, e d’allora in poi Pan la chiamò dolente zufolando sullo strumento di canna, che da lei denominò siringa o zampogna.
V. 9. Placenta, latinismo, focaccia.
V. 11. Intera, intatta e cioè sana, ma piuttosto anche nel senso di non scemata di numero per epidemie o per furti d’uomini e di belve.