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Il Canzoniere | 101 |
V. 2. Mi spolpa il corpo; m’accora, m’attrista l’animo.
V. 3. Mi colora, mi ridà la vita e il colorito.
V. 11. Richiama il bellissimo verso del Petrarca: «Una donna più bella assai che il sole», Canz., CXIX, v. 1.
XLVII.
La Mencia è riarsa da febbre maligna. Amore le offre i suoi servigi: ma ella pronta, lo deride, lo sbenda e, alteramente, della sua benda si ricinge la fronte.
Quella, cui par non è, non fu, nè fia
Di bei costumi specchio, e di beltate,
Onor e pompa della nostra etate,
4Di grazia albergo, e rara leggiadria;
Da maligna e cocente febbre ria
Arsa languiva, e quelle sue rosate
Labbra movea con tanta maestate,
8Che ’n ciel non s’ode simile armonia.
Udilla, e vide Amor, e a lei s’assise
A canto e disse: Venere, che vuoi?
11Ecco mie voglie per servirti pronte.
Com’ella ciò sentì, di lui si rise,
La benda gli pigliò, e quella poi
14S’avvinse intorno all’alma, e altiera fronte.
V.3. È un luogo comune che ricorre più volte in questo Canzoniere, sonetti L, vv. 2-3; LV, v. 13, ecc.
V. 5. Maligna, cocente, ria, e cioè perniciosa. Aggettivazione appropriata, ma soverchia.
V. 12. Di lui, di Amore dagli occhi bendati, si rise la donna beffarda.
V. 13. Simili maltrattamenti già gli aveva usato altra volta. Cfr. chiusa son. XI.