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442 | parte seconda |
trovò in congiunture dispiacevoli; laonde i nomi che egli prese secondo i casi, furono senza numero.
«Chi vuol giustamente ricomporre i fatti della vita di Lao-tse, bisogna che si serva, come fondamento, delle notizie genuine che si trovano ne’ libri di storia; le metta a confronto co’ profondi e misteriosi ragionamenti de’ libri taoisti; e prenda quindi in attento esame tanto gli uni, quanto gli altri documenti. Tutto quel che è tradizione del volgo, non è che un accozzo di finzioni, che non merita d’esser preso in disamina.
«L’autore, investigando non poche scritture della scuola del Tao,1 ha trovato che Lao-tse aveva il viso di color bianco giallastro, bei sopraccigli, fronte spaziosa con alquante rughe e con due protuberanze, orecchi lunghi, occhi grandi, denti radi, bocca angolosa, labbra tumide; naso usuale, ma a doppia canna; i piedi aveva larghi che poteva calpestar tre o quattro palmi di terreno, e le mani tanto grandi da tener dieci borse. Al tempo di Wên-wang de’ Ceu (1231-1135 av. C.) fu archivista di Stato; e a tempo di Wu-wang (1122-1115 av. C.) fu Cu-hsia-she.2 Il volgo, osservando in lui così gran longevità, lo chiamò il «Vecchio filosofo», ossia Lao-tse.3
«Ora, quei tra gli uomini che ha ricevuto dal destino intelligenza e perspicacia maravigliose, non può esser messo a confronto, per le sue notevoli capacità, con la comune degli uomini. Egli è il principe della dot-