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Jevre. Sì, caro il mio Falloppa garbato. Avvisatela quando viene Milord, e poi venite da me, che vi darò da bevere l’acquavita.

Falloppa. Non occor altro; sarà servita.

Jevre. Andiamo, signora, quando verrà Milord vostro sposo, sarete avvisata. (a Pamela)

Pamela. Voglia il cielo, che mi riesca rasserenarlo. (parie con Jevre)

SCENA VIII.1

Falloppa, poi Milord Artur.

Falloppa. Il padrone mi manda a chiamare Milord Artur, e queste lo vogliono vedere prima di lui. Questa cosa la direi al padrone, ma per quel che mi ha regalato, quando gli ho dato la lettera, non me torna conto ch’io m’affatichi. Quest’altra almeno ha detto che mi pagherà l’acquavita. Meglio è qualche cosa, che niente. Oh! ecco qui Milordo Altura. Favorisca, signore.

Artur. Dov’è il tuo padrone?

Falloppa. Abbia la bontà di trattenersi un momento. Vado subito per servirla. (Domanda il padrone, ma credo che vedrà più volentieri la padrona). (parte)

SCENA VIII.2

Milord Artur, poi Pamela.

Artur. Bonfil si sarà illuminato. Avrà conosciuto il torto fatto alla mia amicizia, al mio carattere, alla mia onestà. E se desidera rivedermi, e se mi esibisce la propria casa, vorrà chiedermi scusa, e ridonarmi la di lui confidenza. A lui perdonerò facilmente ogni cosa, non così a quell’ardito del Cavaliere. Finora non ho potuto attaccarlo, nè colla spada, nè colla pistola. La sua viltà lo nasconde, ma giuro al cielo, lo ritroverò.

Pamela. Come! Dov’è il mio sposo?

  1. Vedasi a pag. 137.
  2. Vedasi a pag. 138.