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fuoruscito per la stanza semplicemente. «La diritta affezione verso la patria — dice l’Alberti, — non abitarvi, fa essere vero cittadino» ú. Molti sono forestieri ed esuli vivendo sempre in Italia, come altri sono italiani dimorando fra gli stranieri. Dante e l’ Alemanni seppero essere sulla Senna pili patrii delle fazioni e dei principi che regnavano sull’Arno e gli sbandeggiavano. Il vero esilio dipende dall’animo, e consiste nella rottura di quel vincolo di amore e di quel commercio spirituale di pensieri, di studi, di affetti, che stringe l’uomo al suo nido. Questo legame è un connubio non meno sacro e indissolubile del maritaggio e ancor piú naturale, poiché non ha nulla di arbitrario nc di fortuito circa l’elezione; onde chi lo infrange e si spatria coll’animo, è fornicano e adultero, a detta dei profeti e dell’ Alighieri. D’altra parte, siccome, «risoluto il romano imperio, non si sono potute le cittá ancora rimettere insieme né riordinare alla vita civile», né si è pensato a rendere i cittadini «amatori della libertá e forti», come nei «tempi antichi», mediante una «buona educazione» ( 2 ), condizioni necessarie a fare una patria; si può dire che i piú dei popoli moderni sono (come l’ Alfieri diceva di se medesimo) senza patria, e anche albergando nella casa nativa, non possono sottrarsi alla sorte dei confinati.

Come l’acqua ai pesci, l’aria agli uccelli, la luce e il calore a tutti i viventi, la patria è l’elemento comune dell’ ingegno, il quale dee però avere un carattere e un colore suo proprio per pigliar forma d’individuazione. Imperocché l’ingegno non può occultarsi a guisa di germe nella madre comune, ma dee risaltarne come individuo dalla specie e atto dalla potenza: e nel modo che la pianta ha le sue barbe profondate nel suolo o serpeggianti fra le due terre, ma il fusto elevato e la rosta frondosa campata nell’aria, similmente i singolari intelletti si radicano nella patria ma fuori ne spiccano; e quanto piú sono svelti e distinti da tutto che li circonda, tanto piú la personalitá

Vi) Opere volgari, t. HI, p. 194.

(2) Machiavelli, Discorsi, 11, 2.