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fedeli possono fare a chi regge, non secondarne i capricci e i punti per andargli a’ versi, mettendo la sua fama e la sua salute a gravissimo ripentaglio. Concedo che il Rattazzi stimasse buona la sua politica; ma, nuovo com’era alle cose di Stato, avrebbe dovuto aver qualche diffidenza del proprio senno e rifuggire dal giocar, come fece, sopra di esso il regno e la vita di Carlo Alberto. Imperocché se questi perdette il trono a Novara e mori di dolore esule in Oporto, si può dire con veritá che a lui ne ebbe l’obbligo principale.

Né qui doveano aver fine i traviamenti del ministro e di alcuni de’ suoi compagni. Parlando alla Camera, il generale Chiodo che era sopra la guerra, interrogato sull’ordine dell’ intervento, rispose che «non sapeva se fosse stato dato un tale ordine, ma solo che il Consiglio dei ministri non avea mai deliberato d’intervenire militarmente nella Toscana»1. Ora il generale non solo era conscio e approvatore dell’intervento ma ne faceva gli apparecchi e veniva ogni giorno a rendermene conto, e ne conferimmo insieme con Alfonso della Marmora che dovea condurre la spedizione. Né gioverebbe il dire che le truppe di questo aveano il carico di «contendere all’Austriaco i passi dell’Appennino», e che ai i7 di febbraio uno dei ministri interrogava il generale Chrzanowski, «per mera curiositá, se le nostre condizioni militari ci permettessero di spedire entro Toscana un qualche nerbo di truppa a togliere di mezzo quella repubblica e ristaurare il governo del principe»2. La «curiositá» sarebbe stata fuor di proposito se non si fosse pensato seriamente alla spedizione, non mica per distruggere una «repubblica» che non era al mondo, ma per tórre ai tedeschi il pretesto d’intervenire. La mossa dei nostri soldati avea avuto l’unico fine di «contendere all’Austriaco i passi dell’Appennino» quando nel dicembre pensammo a ordinare quel nuovo corpo, perché allora ci confidavamo di compor la Toscana coi negoziati. Ma quando, falliti questi, si conobbe la necessitá di



  1. Documenti e schiarimenti, xiii.
  2. Risposta dei cessati ministri ecc., pp. i5, i6.