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la prima canzone di g. leopardi 357

dire : — Io — . Che cosa manca al Leopardi per dirsi poeta? Gli manca la chiara percezione di un mondo generato dal seno delle sue meditazioni e de’ suoi dolori. L’antichitá, materia del suo culto, è per lui un lavoro di erudizione ed uno sforzo d’immaginazione, una riproduzione rettorica. L’Italia e il mondo moderno è una negazione, non ancora studiata, vuota ancora di ogni contenuto, anche essa rettorica. Anche nella sua forma penetra la rettorica, malgrado il gusto castigatissimo, e la naturalezza e la semplicitá attinta allo studio del greco, e qua e colá visibile, specialmente nel canto di Simonide.

La seconda canzone è quasi lo sviluppo e il compimento della prima. La rappresentazione d’ Italia, rimasa li come strozzata all’apparire del mondo greco, qui si ripiglia e si continua, tolta occasione dal monumento che in Firenze si preparava a Dante. La ritirata di Mosca, li appena accennata, qui diviene la parte principale, anzi il corpo della poesia, che non è altro in fondo, se non lo spettacolo che offriva di sé l’Italia sotto la dominazione francese. Nel 1818 questo era linguaggio di Santa Alleanza, e si concepisce come le due canzoni poterono essere pubblicate a Roma, senza alcun veto. Si lasciava parlare di libertá ed anche d’Italia, purché ci fossero tirate contro la Rivoluzione e contro la Francia. Anche la Santa Alleanza voleva la libertá e l’indipendenza dei popoli. Ma quello che la Santa Alleanza diceva a gioco e a inganno, il poeta diceva con la serietá e con la veemenza di animo giovanissimo e sdegnoso e liberissimo. Se la sinceritá e l’elevatezza dei sentimenti bastasse all’artista, questa canzone penetrata di sdegno e sparsa di concetti nobilissimi sarebbe la vera canzone all’ Italia, perché il monumento e Dante non ci entrano se non come via a rappresentare le miserabili condizioni d’Italia. Ma gli alti sentimenti e i concetti novi e arditi e le forme elettissime e la piú consumata abilitá di esecuzione, se esprimono maravigliosamente il primo prorompere di un’anima giovane e indegnata e facoltá poetiche fuori dell’ordinario, non coprono il vuoto e il vago che è nello spirito, rimaso in gran parte estraneo a quel lavoro della memoria e dell’immaginazione. Perciò l’aspetto