Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/56

Lezione VIII


Dante è insieme l’uomo e quest’uomo, ed a questa condizione solo può essere, com’è, una concezione poetica. Egli è l’uomo dell’allegoria, l’uomo terreno, che si svincola da’ lacci della materia con l’aiuto della Ragione e della Fede. Ma rimane egli genere? E quando il poeta gli dá il nome di Dante Alighieri, non aggiunge egli al genere altro che un nome di battesimo? Non vedete che l’uomo è qui un individuo, e forse il piú possente individuo che la poesia abbia creato? ed in tutto il suo libero arbitrio, in tutte le sue opinioni e passioni? E per farsi simbolo qual parte della sua personalitá è stato egli costretto a gittar via? Egli ci è qui tutto intero, in tutto quello che è in lui di piú accidentale; e la Divina Commedia si può chiamar quasi un diario, nel quale giorno per giorno vedi scritta la sua storia intima in tutta la violenza, in tutte le contraddizioni della sua vita tempestosa, rifacendosi talora, come congettura il Foscolo, sopra il fatto, aggravando, colorendo, mutando secondo le nuove impressioni. Con tanto abbandono, con tanta efficacia ha egli nel suo poema scolpito se stesso che ivi meglio che ne’ biografi è a studiare la sua vita. Vediamo i biografi.

Dante o Durante nacque in Firenze l’anno i265; amò fanciullo con amore di uomo; giovane combattè a Campaldino; morta la sua amata, un anno dopo, il i29i, prese moglie ed ebbe sei figliuoli; entrò ne’ pubblici uffici; fu primo magistrato.