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iii. pietro metastasio i99

scritta sotto l’ispirazione e la guida della Bulgarelli, fissò l’opinione, e Metastasio prese posto d’un tratto accanto ad Apostolo Zeno, che tenea il primato, poeta cesareo alla Corte di Vienna. Piú tardi, a proposta dello stesso Zeno, occupò egli quell’ufficio, e menò a Vienna vita pacifica e agiata, universalmente stimato e tenuto senza contrasto principe della poesia melodrammatica. La sua vita fu un idillio, e se questo è felicitá, visse felicissimo sino alla tarda etá di ottantaquattro anni. Vivo ancora, fu divinizzato. Lo chiamavano il divino Metastasio, e molti lo ponevano innanzi a Dante.

Se guardiamo al meccanismo, il suo dramma è congegnato a quel modo che avea giá mostrato Apostolo Zeno. Ma il meccanismo non è che la semplice ossatura. Metastasio spirò in quello scheletro le grazie e le veneri di una vita lieta e armoniosa. E fu il poeta del melodramma, di cui lo Zeno era stato l’architetto.

La sua idea fissa fu di costruire il melodramma come fosse una tragedia, tale cioè che avesse un valore letterario, e anche senz’accompagnamento della musica producesse il suo effetto. Lasciò le basse regioni dell’idillio e del buffo, e tentò i piú nobili argomenti del genere tragico, come se la nobiltá fosse nell’argomento. Questo giá si vede nella Didone e nel Catone. Piú tardi volle gareggiare co’ grandi poeti francesi, e il Cinna di Corneille ebbe il suo riscontro nella Clemenza di Tito, e l’Atalia di Racine nel suo Gioas. Su questa via porse il fianco alla critica, e sorsero dispute, se e fino a qual punto i suoi drammi fossero tragedie. Ed ecco in mezzo l’inevitabile Aristotile e le famose quistioni delle unitá drammatiche. Metastasio si mescolò nella contesa, e nell’Estratto della Poetica d’Aristotile addusse indirettamente argomenti in suo favore. La critica era ancora cosí impastoiata nell’esterno meccanismo, che molti seriamente domandarono, come potesse esser tragedia un dramma che aveva soli tre atti. Metastasio ci teneva a esser chiamato poeta tragico, parendogli quasi una degradazione a esser relegato fra’ melodrammatici. Pregiudizio istillatogli dal Gravina, che non vedea piú lá della tragedia classica. La Merope del Maffei, che allora levava molto rumore, destava la sua emula-