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iii. la materia de’ «promessi sposi» | 43 |
è appunto l’accento scisso de’ tempi di Foscolo e di Leopardi, ideali patiti, predestinati martiri, fuori della storia e vittime della storia, presentimento di tempi più umani, più vicini a quello schema divino, e simili più alle aspirazioni solitarie dell’immaginazione individuale, che a fatti nazionali e storici. Sotto questo aspetto Marco, e soprattutto i due nati ad un parto, Adelchi ed Ermengarda, sono, in quella serie d’ideali soffrenti, che ispirarono molte fantasie negl’inizii del secolo, tra le più fresche e originali concezioni della musa italiana.
Come sia nata in Manzoni l’idea de’ Promessi Sposi, lascio a’ raccoglitori di aneddoti. Certo è, ci si mise con una serietà di studii positivi e originali, quasi avesse in animo di fare una storia propria e vera. Ma ci si mise assediato sempre da quel suo ideale indocile, rimasto lirico, anche dove l’Autore voleva fosse drammatico. Pure, ammaestrato dalla esperienza, questa volta si guardò di scegliere a materia del lavoro qualche gran personaggio o fatto della storia, che non avrebbe concesso libero e principale luogo al suo ideale, come è nel Carmagnola e nell’Adelchi. E scelse un fatto tolto da’ più umili strati della società, materia libera d’invenzione e d’immaginazione, di nessuna importanza storica in sé, anzi uno di quei tanti fatterelli curiosi, che sono la delizia delle cronache e sogliono solleticare l’immaginazione popolare. Questo fatterello, situato in un certo periodo storico, con tali condizioni di tempo e di luogo, in tale ambiente, fra tali costumi e opinioni, dovea porgere all’Autore un modo naturale e facile di sviluppare attorno ad esso tutto un secolo. Questa era l’aspettazione pubblica; e questo era pure l’intendimento dell’Autore. Renzo e Lucia avrebbero così poco immaginato di essere materia storica, come un pastore potrebbe immaginare di essere re. La storia non è mossa da loro; anzi è la storia che move loro. Senza i grandi fattori della storia Lucia e Renzo sarebbero stati sposi felici e contenti, predestinati all’obblio; l’ultima pagina del racconto sarebbe stata la prima e la sola della loro vita, e a volerla stirare, appena se ne sarebbe cavato un idillio. È il genio malefico della storia nella persona di don Rodrigo, che li fa ballare contro voglia, e tira nello stesso ballo