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[1773-1778] Virtù, illibatezza, modestia 591
che secondo l’Harbottle, Dict. of classical quotations, è tolto dai Lusus poetici del dott. Jortin (VIII, 20, Ad Ventos). Ma pur troppo questo non accade nè sempre nè spesso.

Meno male che per colui che è sicuro di sè e della rettitudine delle sue azioni rimangono altri conforti, e uno di questi può essere il pensare col grande agitatore Genovese, che

1773.   Due gioie concesse Iddio agli uomini liberi sulla terra: il plauso dei buoni, e la bestemmia dei tristi!

(Gius. Mazzini, La «Voce della Verità»,
negli Scritti editi ed inediti. Milano, 1861.
vol. I, pag. 168).

Ma per conservare spirito tanto sereno di fronte agli attacchi dei malevoli, la prima cosa necessaria è la tranquillità della coscienza, e allora l’innocenza conculcata può riconfortarsi poiché

1774.   Difesa miglior, ch’usbergo e scudo,
È la santa innocenza al petto ignudo.

(Tasso, Gerusalemme liberata, c. VIII, ott. 41).
e il Tasso così scrivendo ricordava senza dubbio il bel verso dantesco:

1775.   Sotto l’osbergo del sentirsi pura.

(Dante, Inferno, c. XXVIII, v. 117).
Dante medesimo ha quest’altra risposta non meno fiera e piena di dignità:

1776.   Io son fatta da Dio, sua mercè, tale
Che la vostra miseria non mi tange.

(Inferno, c. II, v. 91-92).
e il Metastasio nel Siroe (a. II, sc. 9):

1777.   Chi delitto non ha, rossor non sente.

come già aveva detto Ovidio nei Fasti (lib. IV. v. 311):

1778.   Conscia mens recti famæ mendacia risit.1

  1. 1778.   La coscienza retta si ride delle bugie della fama (ossia delle mendaci ciarle del pubblico).