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524 | Chi l'ha detto? | [1554-1556] |
ressanti ricerche sull’origine, le forme antiche e le versioni moderne di questo verso, crede di poter supporre con qualche fondamento che il verso stesso nella sua forma attuale sia stato creato per qualche opuscolo di polemica politica stampato in Inghilterra (a Cambridge o a Londra) fra il 1626 e il 1647 e sia divenuto subito famoso poiché lo si trova citato in forma imprecisa (Perdere quos vult Deus dementat) dal teologo John Lightfoot, di Cambridge, nell’opera Harmony, Chronicle and Order of the Old Testament (Londra, 1647), a pag. 69; e nella lezione esatta, da un altro professore di Cambridge, James Duport, nella Homeri Gnomologia (Cambridge, 1660).
1554. Quæ te dementia cepit?1
1555. Aver perduto il ben dell'intelletto.
Noi sem venuti al luogo ov’io t’ho detto |
Ma il ben dell’intelletto, nella filosofia dantesca, è la cognizione e l'intuizione di Dio (cfr. Petr. Lomb., lib. V, dist. 49 A; Thom. Aquin. Summ. theol., P. III, suppl., qu. XCII, art. 1. 2, 3; Vang. di S. Giov., cap. XVII, v. 3; e Dante stesso nel Convivio, II, 14: «Il Vero è il Bene dello intelletto»; quindi la locuzione, quale oggi scherzosamente si adopra, è addirittura travisata dal concetto originario.
A chi nella propria debolezza di mente trova ragione per fare più rumore che non conviene, susurrate in un orecchio i versi del Giusti:
1556. Le teste di legno
Fan sempre del chiasso.
- ↑ 1554. Quale pazzia ti prese?