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516 Chi l’ha detto? [1527-1532]


1527.   La sete natural che mai non sazia,
Se non con l’acqua onde la femminetta
Sammaritana domandò la grazia.

di cui l’origine fu modestamente indicata dal Metastasio là dove disse:

1528.   ....La meraviglia
Dell’ignoranza è figlia,
E madre del saper.

(Temistocle, a. I, ss. 1).

E questa irrequietezza di sapere è così violenta che per antitesi si credettero felici coloro che possedevano la scienza, secondo la sentenza virgiliana:

1529.   Felix qui potuit rerum cognoscere caussas.1

(Virgilio, Georgiche, lib. II, v. 490).

Invece non è proprio la scienza quella che forma la felicità, più spesso essa concorre a fare più inquieti, più dolenti gli uomini:

1530.   Qui addit scientiam, addit et laborem.2

(Ecclesiaste, cap. I, v. 18).

In ogni modo l’apprendere soltanto non basta: occorre qualcosa di più che ci dice Dante nei due noti versi:

1531.                                           ....Non fa scienza
Sanza lo ritenere, avere inteso.

(Paradiso, c. V, v. 41-42).

e per ritenere, occorre esercitare la memoria, secondo l’ottimo precetto di Cicerone:

1532.   Memoria minuitur.... nisi eam exerceas.3

(Cato major, vel De Senectute. VII.).
  1. 1529.   Felice chi potè conoscere le cagioni delle cose.
  2. 1530.   Chi accresce il sapere, accresce anche l’affanno.
  3. 1532.   La memoria diminuisce, se non la tieni in esercizio.