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22 | Chi l'ha detto? | [70-72] |
mentre Dante pone questo verso in bocca a Beatrice, e lo applica a sè medesimo, che dice amato da lei, ma non dalla fortuna, la quale infatti non fu troppo amica del Poeta.
Con bizzarra arguzia un altro epigramma francese del seicento ammonisce che:
70. Les amis de l’heure présente
Ont le naturel du melon,
Il faut en essayer cinquante
Avant qu’en rencontrer un bon.1
la quale spiritosa quartina è di Claudio Mermet (Le temps passé, Lyon, 1601, pag. 42), ma la sostanza ne è tolta, dice la Bibliothèque del Du Verdier, dalle Satire di Pietro Nelli (lib. II, sat. 9).
Come fare però questa prova? come sceverare i veri amici dai falsi? Oh, l’esperimento è facile, se pure non sempre piacevole: ce lo insegnano Ovidio, l’Ariosto, il Metastasio. Il primo cantava:
71. Donec eris felix multos numerabis amicos,
Tempora si fuerint nubila, solus eris.2
ma non fece che dare forma poetica ad un pensiero assai più antico, poichè Cicerone nel trattato De Amicitia (XVII, 64) così riporta una sentenza di Ennio passata a’ giorni suoi in proverbio: «Quamquam Ennius recte: Amicus certus in re incerta cernitur.»
Ecco l’Ariosto:
72. Alcun non può saper da chi sia amato,
Quando felice in su la ruota siede;
Però c’ha i veri e i finti amici a lato,
Che mostran tutti una medesma fede.