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[1395-1397] Regole del trattare e conversare 473


Il frate visse a stento alquanti dì, e morissi quasi disperato». Di tale fatto che pare storico, si trova la fonte negli Annales Mediolanenses, pubblicati dal Muratori, dove l’anonimo cronista trascrisse tutte le accuse mosse da Gian Galeazzo allo zio nel processo intentatogli dopo che l’ebbe fatto prigioniero (Rerum Italicarum Scriptores, to. XVI. col. 795. C. — Cfr. anche: V. Vitale, Bernabò Visconti nella novella e nella cronaca contemporanea, nell’Archivio Storico Lombardo, 1901, pag. 267).

È anche regola di moderna creanza che nel parlare non ti sfugga alcun suono incomposto:

1395.   Lacerator di ben costrutti orecchi.

come è detto nel principio del poemetto pariniano:

          Oh se te in sì gentil atto mirasse
               Il duro capitan, quando tra l’arme,
               Sgangherando la bocca, un grido innalza
               Lacerator di ben costrutti orecchi.
               Onde a le squadre vari moti impone....

(Parini, Il Mattino, v. 106-110).

Sull’andare e sul camminare abbiamo due frasi diventate comunissime, tolte a due grandi poeti, delle quali l’una si usa quando si vedono due o più persone andarsene, non a fianco amabilmente conversando, come è regola di buona compagnia, ma l’un dietro l’altro o come oggi si dice, con frase modernissima tolta alle reminiscenze dei romanzi di Fenimore Cooper e di altri scrittori americani, in fila indiana.

1396.    Taciti, soli, e sanza compagnia
     N’andavam, l’un dinanzi e l’altro dopo,
     Come frati minor vanno per via.

l’altra denota l’andare dignitoso e maestoso specialmente di donna bella:

1397.   Vera incessu patuit dea.1

(Virgilio, Eneide, lib. I. v. 405).
  1. 1397.   Al camminare apparve veramente dea.