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428 | Chi l'ha detto? | [1262-1264] |
metro notissimo, variamente citato ma la cui vera lezione è la seguente:
Nam provisa (sic) minus tela nocere solent
che è stato quasi sempre attribuito ad Ovidio, dove sarebbe inutile cercarlo, ma è invece un verso della favola esopiana di Gualtiero Inglese, De hirundine et avibus che nella raccolta dell’Hervieux, Les fabulistes latins, sta a pag. 393 del vol. II. Si vedano due interessanti comunicazioni del prof. Vincenzo Crescini, Saetta previsa, negli Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, to. LXXVI, 1916-17, pag. 1207-1220 e L’origine di un pentametro attribuito a Ovidio, nel Giornale storico della Letteratura Italiana, vol. LXXII, 1918, pag. 194-195. Il Metastasio vuole smentire il volgare dettato: Mal comune, mezzo gaudio, sostenendo che
1262. Non è ver che sia contento
Il veder nel suo tormento
Più d’un ciglio lagrimar:
Chè l’ esempio del dolore
È uno stimolo maggiore
Che richiama a sospirar.
(Artaserse, a. III, sc. 6).
Il Giusti poi incoraggia a sopportare virilmente il dolore, poichè:
1263. Liberamente il forte
Apre al dolor le porte
Del cor, come all’amico.
Peccato ch’egli non mettesse costantemente in pratica i suoi propri consigli!
1264. Infandum, regina, iubes renovare dolorem.1
- ↑ 1264. Tu mi comandi, o regina, di rinnovare un inenarrabile dolore.