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[1207-1211] | Paura, coraggio, ardire | 399 |
titudine; e i liberali toscani con a capo Alessandro d’Ancona gli presentarono un busto con l’epigrafe: Colui che la difese a viso aperto, mentre i romagnoli fecero coniare una medaglia d’oro che aveva nel rovescio: A Camillo Cavour degno Oratore di Vittorio Emanuele, specchio dei Re, che nel Congresso di Parigi propugnò i diritti d’Italia conculcati. Le Legazioni e le Marche con riconoscenza e con fede, e nel diritto, intorno alla testa di Cavour. il famoso versò:
1207. Che fan qui tante pellegrine spade?
che è il verso 20 della celebre Canzone a’ Grandi d’Italia del Petrarca che comincia: Italia mia, benchè il parlar sia indarno (P. IV, canzone IV, nell’ediz. Marsand; canz. XVI nell’ed. Mestica) della quale canzone vanno anche additati i versi, in fine della strofa 6:
1208. [Chè] L’antiquo valore
Ne l’italici cor non è ancor morto.
Son da ricordare anche quelli dell’abate Pietro Metastasio:
1209. Chi vede il periglio
Nè cerca salvarsi,
Ragion di lagnarsi
Del fato non ha.
Ecco invece due citazioni, l’una e l’altra dantesche, che ragionano di paura e di timidità:
1210. ....Mi fa tremar le vene e i polsi,
1211. Come le pecorelle escon del chiuso
Ad una, a due, a tre, e l’altre stanno
Timidette atterrando l’occhio e ’l muso.
mentre gli effetti fisici e i legni esterni del terrore sono mirabilmente ritratti nel verso virgiliano: