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360 Chi l’ha detto? [1088-1090]


Un bell’umore scriveva che questa sentenza dantesca non era tanto assoluta da non ammettere delle onorevolissime eccezioni, per esempio il Monti, di cui corre fama che scrivesse stando in letto la maggior parte delle sue opere, sicchè può veramente dirsi che la gloria venne a cercarlo sotto coltre. E lo stesso faceva il celebre tipografo ed editore Niccolò Bettoni.

Ma uscendo dai traslati, è ovvio che senza fatica non si conquista nessun bene:

1088.                       .... Nil sine magno
Vita labore dedit mortalibus.1

(Orazio, Satire, lib. I, sat. 9, v. 59-60).

Del resto, che cos’è mai la vita dell’ozioso?

1089.              Il viver si misura
          Dall’opre e non dai giorni....

(Metastasio, Ezio, a. III, sc. 1).

L’assidua operosità di colui che fa del lavoro una seconda natura, è espressa con il classico adagio:

1090.   Nulla dies sine linea.2

che giusta l’autorità di Plinio il vecchio Hist. Nat., lib. XXXV, cap. 36, § 12), trasse origine dal greco pittore Apelle, il quale non lasciò passar giorno senza tirare almeno una linea per tenersi sempre in esercizio nell’arte in cui divenne eccellente. Avvertasi però che il testo pliniano conferma che già da tempo antico esisteva il proverbio, ma non ne dice il testo preciso: ecco le parole di Plinio: «Apelli fuit alioqui perpetua consuetudo, numquam tam occupatam diem agendi, ut non lineam ducendo exerceret artem; quod ab eo in proverbium venit.» - «Di questo motto non ha guari fu detto argutamente che un ministro italiano lo traduceva, con libertà troppo grande, così: nessun giorno senza corbelleria» (Vannucci, Prov. lat., II).


  1. 1088.   La vita nulla ha mai dato ai mortali senza grande fatica.
  2. 1090.   Nessun giorno senza una linea.