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[808-811] | Maldicenza, invidia, discordia, odio | 261 |
les manières même du Cardinal, qui à ce que j’ai oui conter à ses amis, avait accoutumé de dire qu’avec deux lignes de l’écriture d’un homme on pourrait faire le procès au plus innocent». Ma l’attribuzione è discussa.
A braccetto con la calunnia se ne va per l’inferno l’invidia, sua sorella carnale, anzi più spesso sua madre. Dante che ce la trovò laggiù, le disse:
808. Consuma dentro te con la tua rabbia.
ma non disse se la trovò a tu per tu con qualche letterato, poichè si sa che:
809. Non v’è animale più invidioso del letterato.
Nuoce a tutti l’invidia ma specialmente ai buoni, che spesso raccolgono rancori e persecuzioni più che non ne raccolgano i tristi con le loro cattive opere; è vecchia storia che
810. Le mal que nous faisons ne nous attire pas tant de persécution et de haine que nos bonnes qualités.1
ed io mi limiterò a raccomandare ad ognuno in generale, ma più specialmente ai lettori di questo mio libro:
811. Absit injuria verbo.2
che veramente dovrebbe dirsi, Absit invidia verbo, ed è citazione di Tito Livio, lib. IX. cap. 19, 15 e lib. XXXVI, cap. 7,7. Ma c’è un’altra sorella, che tutti riconosceranno, anche senza aspettare ch’io ne faccia il nome, nei versi dell’Ariosto: