Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
164 | Chi l’ha detto? | [543-547] |
543. Mundus vult decipi, ergo decipiatur.1
che Giac. Aug. de Thou nelle Histories sui temporis (lib. XVII, sub anno 1556) attribuisce (con qualche variante) al card. Carlo Caraffa, nipote di Paolo IV, e legato pontificio presso Enrico II re di Francia. «Ferunt eum, ut erat securo de mimine animo et summus religionis derisor, occursante passim populo et in genua ad ipsius conspectum procumbente, sæpius secreta murmuratione hæc verba ingeminasse: Quandoquidem populus iste vult decipi, decipiatur». Altri citano invece: Vulgus vult decipi ecc. Ma la prima parte di questa frase, Mundus vult decipi, si trova già in tedesco nel Narrenschiff di Seb. Brants (1494; ed. Zarncke. Leipzig, 1854, pag. 65) e in latino nei Paradoxa di Seb. Francks (1533, Nr. 236 o 247, secondo le ediz.).
Talora all’astuzia deve di necessità attenersi chi non può per altre vie raggiungere il suo intento:
544. Dove forza non val giunga l’inganno.
come dice il Metastasio nella Didone abbandonata (a. I, sc. 13).
Parlando d’inganni, mi tornano alla memoria la frase dantesca:
545. .... Quella sozza imagine di froda.
- è costei Gerione, «la fiera con la coda aguzza», «colei che tutto il mondo appuzza» - e la bizzarra domanda che fa a sè medesimo Don Basilio:
546. Qui diable est-ce donc qu’on trompe ici?2
nel Barbier de Séville di Beaumarchais (a. III, sc. 10), quando sopravviene inaspettato in casa di Don Bartolo, mentre il Conte sotto le vesti di Don Alonzo dà la lezione di musica a Rosina.
Non si può parlare della prepotenza senza ricordare il verso:
547. .... Ragion contra forza non ha loco.
(Petrarca, Trionfo d’Amore, canto IV. v. 111).