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92 Chi l’ha detto? [329-332]

E l’uomo che al pari del Petrarca può fieramente dire di sé:

329.   Sarò qual fui, vivrò com’io son visso.

(Sonetto in morte di M. Laura, num. XCV, secondo il Marsand, comincia: Ponmi ove’l Sole occide i fiori e l’erba; ed. Mestica, num. CXIII).

potrà anche sfidare le avversità della fortuna, facendosi contro di esse

330.   De la costanza sua scudo ed usbergo.

come canta il Parini nell’ode La caduta, str. 14:

E se i duri mortali
A lui voltano il tergo,
Ei si fa, contro ai mali,
De la costanza suo scudo ed usbergo.

Odasi invece il gran tragico inglese, Guglielmo Shakespeare, che nel Macbeth (atto I, sc. 3) dice a conforto di chi soffre:

331.                       Come what come may,
Time and the hour runs through the roughest day.1

La perseveranza nell’affaticarsi dietro a uno scopo purchessia è consigliata dal comune dettato:

332.   Gutta cavat lapidem.2

che aveva valore proverbiale anche presso i latini, quindi lo si ritrova in Ovidio, Ex Ponto, IV, 10, 5 e De arte amandi, I, 476; in Lucrezio, I, 314 e IV, 1281; in Tibullo, I, 4, 18; in Seneca, Nat. Quæst., IV, 3, e anche altrove. La bassa latinità allungò, annacquò e commentò il dettato così:

Gutta cavat lapidem, non vi sed sæpe cadendo.

Si faccia attenzione a non tradurre questo adagio latino, come voleva tradurlo «foneticamente» un ammalato di calcoli il quale


  1. 331.   Avvenga che può, anche nel dì più burrascoso le ore e il tempo trascorrono.
  2. 332.   La gocciola scava la pietra.