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la vita di catullo.

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sempre più vivo; non dissimula, che mentre dice male di lei, non può fare a meno di amarla,1 si burla del marito che gode che ella dica male del poeta, quando il dir male vuol dire: ricordare; e l’essere irata è segno ch’ella è tutt’ora nel fuoco.2 Perchè non gettarsi addirittura nelle sue braccia? Si fa presto a dirlo. E non c’era di mezzo un fortunato rivale? Chi? Forse Clodio,3 forse Gellio,4 o tutti e due insieme. Se la storia dovesse registrare gli amanti di tutte le cortigiane famose, gran parte delle sue pagine sarebbe un nudo elenco di nomi. Ma Gellio, il turpe Gellio, di cui

                    clamant Victoris rupta miselli
Ilia, et emulso labra notata sero,
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avrà la soddisfazione di vedere il nostro povero Catullo umiliato ai piedi di quella donna, ch’egli tutta si gode, egli, morbido Batillo, che non è degno neppur d’uno sguardo? Non mai. Il dispetto, la gelosia, la rabbia s’impadroniscono dell’anima del poeta; gliela straziano crudelmente, gliela riempiono di mortale veleno. Egli vuol farla a ogni costo finita; cerca una parola per ridomandarle i dolci carmi che avea scritti per lei, le dolci lettere che le aveva mandate; se non può riavere la pace, riabbia almeno quei testimoni della sua debolezza. La sua parola doventa un pugnale; ma non gli

  1. Carm. XCII.
  2. Carm. LXXXIII.
  3. Carm. LXXIX: Lesbius est pulcher, etc.
  4. Carm. LXXIV, XCVI, LXXX e LXXXVIII, e seg.
  5. Carm. LXXX.

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