Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/273


annotazioni. 267

Chi non è convinto di questo, vuol dire che non ha letto il libro del nostro poeta, o veramente lo ha letto con quell’animo pregiudicato, che ha resi in ogni tempo ridicoli i comentatori di Dante e i tonsurati stiracchiatorì della Bibbia.

Ho detto poc’anzi, che il libro di Catullo probabilmente prese nome dal passere. Questa supposizione è nata da quei versi di Marziale:

Sic forsan tener ausus est Catullus
Magno mittere passerem Maroni;

dai quali son nate due questioni. S’allude all’epigramma sul passere, o a tutto il libro? Pietro Crinito s’attiene al primo termine; Lilio Giraldi al secondo. E probabile che Catullo abbia mandato a Virgilio il suo libro, o il suo carme? C’è chi non può mandarla giù. Il Doering, che tien bordone al Giraldi, non crede verosimile che Valerio, maggiore di diciassette anni a Marone, si deferisca al giudizio d’un poeta imberbe. Questa, a dir vero, non mi par ragione di buona lega. Il Monti, che non fu certamente un gran fior di modestia, non sdegnava sottoporre al giudizio di Foscolo giovanissimo i primi libri della sua versione d’Omero; e il Foscolo alla sua volta non si vergognava di chieder consigli al Capponi, a cui mandava dall’Inghilterra le cose sue. A ogni modo la non mi par questione da poter definire; quel forsan di Marziale inferma la forza di qualunque argomento.

Pag. 156.          Cum desiderio meo nitenti
                            Carum nescio quid lubet iocari.

Desiderio meo nitenti: al mio splendido desiderio, al