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108 | questioni. |
memoria miracolosa e ad una grave ed elegante facilità di parola, che lo rese degno dell’ammirazione di Marco Tullio.1 Sposò verso il 60 una tal Giulia, o Giunia, o Vinia Aurunculeia, o vero Ercoleia, o che fosse figlia adottiva di un Aurunculeio, come tiene il Krebsio, o dì un Giunio o Vinio qualunque, secondo il Silligio e lo Schwab; o pure figlia di quel Lucio Erculeio che fu questore nella guerra di Sertorio, ed ucciso in una al proconsole Metello, dopo d’aver vinto insieme a M. Antonio e a L. Manlio. Comunque sia, oltre a queste insulse e sterili questioni di nomi, di cui vanno zeppe le pagine dei critici e le tasche dei lettori, non si hanno altre notizie intorno alla povera sposa di Manlio, se non che ella mori poco tempo dopo le nozze, lasciando nella desolazione il marito.
Amicissimo di Catullo fu anche da prima l’oratore M. Celio Rufo, a cui son diretti i carmi LVIII, LIX, LXIX, LXXIII e LXXVII. Nacque il giorno stesso di C. Licinio Calvo, poeta ed oratore anche lui,2 fu bello e avvenente della persona, d’animo fervido ed impetuoso, d’ingegno potente, di maniere gentili.3 Passò l’adolescenza in casa di Cicerone, si diè di buon’ora al bel tempo, parteggiò per il consolato di Catilina, venne in familiarità con la Clodia, di cui era pigionale; ferendo così nel profondo del cuore il povero Catullo. La tresca finì con la più vergognosa pubblicità. Sciupone com’egli era, e trovandosi un bel giorno con una gran trucia, prese da quella donna, non so cheog-