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libro secondo. | 133 |
naso: E dove appicchi tu gli occhiali? — o: Con che fiuti tu l’anno le rose?
LX. Ma tra gli altri motti, quegli hanno bonissima grazia, che nascono quando dal ragionar mordace del compagno l’uomo piglia le medesime parole nel medesimo senso, e contra di lui le rivolge, pungendolo con le sue proprie arme; come un litigante, a cui in presenza del giudice dal suo avversario fu detto: Che baji tu? — subito rispose: Perchè veggo un ladro. — E di questa sorte fu ancor, quando Galeotto da Narni, passando per Siena, si fermò in una strada a domandar dell’ostaria40; e vedendolo un Sanese così corpulento come era, disse ridendo: Gli altri portano le bolgie dietro, e costui le porta davanti. — Galeotto subito rispose: Così si fa in terra di ladri41.
LXI. Un’altra sorte è ancor, che chiamiamo bischizzi, e questa consiste nel mutare ovvero accrescere o minuire una lettera o sillaba; come colui che disse: Tu dei esser più dotto nella lingua latrina42 che nella greca. — Ed a voi, Signora, fu scritto nel titolo d’una lettera: Alla signora Emilia Impia.— È ancora faceta cosa interporre un verso o più, pigliandolo in altro proposito che quello che lo piglia l’autore, o qualche altro detto volgato; talor al medesimo proposito43, ma mutando qualche parola: come disse un gentiluomo che avea una brutta e dispiacevole moglie, essendogli dimandato come stava, rispose: Pensalo tu, chè Furiarum maxima juxta me cubat45. — E messer Jeronimo Donato, andando alle Stazioni di Roma la Quadragesima insieme con molti altri gentiluomini, s’incontrò in una brigata di belle donne romane, e dicendo uno di quei gentiluomini:
Quot cœolum stellas, tot habet tua Roma puellas;45—
Pascua quotque hædos, tot habet tua Roma cinæedos,—
mostrando una compagnia di giovani, che dall’altra banda venivano. Disse ancora messer Marc’Antonio dalla Torre al vescovo di Padoa di questo modo. Essendo un monasterio di donne in Padoa sotto la cura d’un religioso estimato