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di pensieri che si trovano espressi nelle lettere e nelle opere di data conosciuta» (Am. T. C., II, p. 416).

Così può dirsi della elegia Al sole (n. 87, III), che dev’essere della fine di marzo del 1607, perché vi si parla del sole in Ariete durante le feste di Pasqua — cioè la Pasqua del 1607: 26 marzo, cioè col sole in Ariete. Inoltre il pensiero dei vv. 19 sgg. («Le smorte serpi» etc.) si ritrova nella lettera a monsignor Quarengo (luglio 1607: vedi C., Lettere, ed. cit., p. 135). «Egualmente il pensiero che è nella stessa lettera, essere cioè il povero prigioniero «un meschino condannato dall’opinione popolare e di principi » (op. cit., p. 131) ci apparisce come quello che ispirò i sonetti Della plebe (n. 33) e Ad amici, ufficiali e baroni etc. (n. 63)», i quali sembra all’Amabile che si debbano datare da questi anni, e non, come altri pensa, da quelli della insurrezione e dei giorni immediatamente dopo l’arresto (Am. T. C., II, pp. 416-17).

A questo gruppo bisogna poi aggregare il sonetto contro Venezia, che segue alla Palinodia (vedi p. 254), e che, come è stato chiarito, è da riferirsi all’anno 1606 (vedi indietro, p. 281).

L’Amabile colloca quindi le Tre orazioni in salmodia metafisicale (Scelta, nn. 73-75) nell’anno 1611, mettendole in relazione col memoriale a papa Paolo V, che è della seconda metá di quell’anno (Am. Cast., I, pp. 144-45 e vedi C., Lettere, ed. cit., p. 170 sgg.).

L’anno 1612 pare che sia stato sterile di poesia; nell’anno 1613, in occasione della raccolta di poesie progettata con l’Adami, trovandosi a fare una revisione generale del suo zibaldone di poesie, il Campanella fu indotto a scrivere sulla traccia di vari frammenti o piú probabilmente a rimaneggiare quella canzone, che ora si trova nella Scelta al n. 80 col titolo: Canzone a Berillo di pentimento desideroso di confessione ecc. fatta nel Caucaso.

La data da porre a questa poesia rimane per altro una materia controversa, e le conclusioni, alle quali per conto mio sono giunto, richiedono qualche giustificazione e dilucidazione. A prima vista parrebbe che la mia opinione collimasse perfettamente con quella dell’Amabile, il quale trovò in questa canzone «la piú tarda data registrata nelle poesie che l’Adami ebbe dal Campanella»: data espressa esplicitamente nel primo verso del secondo madrigale («Quattordici anni invan patisco...»; quindi dal 1599 al 1613).

E l’Amabile spiegava:

«Il Campanella non rimase inattivo durante il lungo soggiorno dell’Adami e del Bina in Napoli. Non apparisce che siasi occupato