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54 | Giovanni Boccacci |
Meco diceva, degli antichi amori.
Quinci1 madonna in assai bel ricepto
Del bosco ombroso, in su l’herb’e in su’ fiori,
Vidi cantando, et con altre sedea2.
V.
Non credo il suon tanto soave fosse
Che gli occhi d’Argo tutti fe’ dormire3,
Né d’Amphion la cythara a udire
Quando li monti a chiuder Thebe mosse4,
Né le syrene anchor quando si scosse5
InvanoFonte/commento: editio maior Ulixe provido al fuggire,
Né altro5, se alcun se ne può dire
Forse più dolce o di più alte posse;
Quant’una voce ch’io d’un’angioletta
Udì, che lieta i suoi biondi capelli10
Cantand’ ornava di frond’ et di fiori.
Quindi nel pecto entrommi una fiammetta6,
La qual, mirando li sua occhi belli,
M’accese il cor in più di mill’ardori.
- ↑ Dal mirteto.
- ↑ La dolcezza del canto di Fiammetta è celebrata anche nei sonetti V e VII; si confronti pure VI, 1-4.
- ↑ Il suono del flauto di Mercurio; cfr. Purg., XXXII, 64-66.
- ↑ Il Boccacci nell’Ameto: ‘Amfione col suono della chiara cetera le dure pietre mosse a chiuder Tebe’. Cfr. qui oltre, VIII, 3-4.
- ↑ Suono.
- ↑ Allusione al senhal della donna amata.