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di vittorio alfieri 69


LVI [lxxvii].1

Vorrebbe lasciare per sempre l’Italia, ma non può;

vi è la sua donna.

Italia, o tu, che nulla in te comprendi
Di grande omai, che l’aurea tua favella,2
E la donna che a me fra tutte è bella,
4Ch’or rattener contro sua voglia imprendi:3
Verrà quel dí, ch’io ’l duro fallo ammendi
D’esser libero figlio a madre ancella,4
Col non ripor mai piede entro tua fella5
8Terra, ove il varco a virtú sol contendi?
Rapido vento orïental m’invola
Già dalla vista di tua infausta riva;
11Ma il cor, l’alma, il pensiero indietro vola.6
Fatal contrasto, in cui forza è ch’io viva!
O l’amata mia donna lasciar sola;
14O rivederla ove di pace è priva.


LVII [lxxxi].7

Non trova pace in nessun luogo.

Deh! dove indarno il vagabondo piede
In giro porto, ad alleggiar mia pena?8
Già, per9 andar cangiando ogni dí sede,
4Non verso io il pianto da men larga vena.


  1. Questo sonetto fu composto, con altri due che nel ms. sono privi di data, al Frejus il 23 di ottobre del 1783 e risente della continua lettura del Petrarca e degli altri tre grandissimi nostri Poeti, a cui l’A. si diè novamente in quel tempo (Aut., IV, 3°).
  2. 2. Che, se non; l’aurea tua favella; altrove, l’idioma gentil sonante e puro.
  3. 4. Poiché la Contessa avrebbe volentieri seguito il Poeta.
  4. 6. Ancella, schiava: il Leopardi, nella canzone All’Italia:
    Che fosti donna, or sei misera ancella.
  5. 7. Fella, crudele.
  6. 11. Ricorda il verso di Dante (Purg., II, 12):
    Che va col core e col corpo dimora,
    ma nel senso contrario.
  7. Questo sonetto fu composto il 25 ottobre 1783, tra Le Luc e Brignolle in Provenza, quando per la terza volta l’A. trovavasi in Francia e per la terza volta era sul punto di veder l’Inghilterra.
  8. 2. Ad alleggiar mia pena, espressione tutta dantesca (Inf., XXII, 22 seg.):
    .... ad alleggiar la pena
    Mostrava alcun dei peccatori il dosso...
  9. 3. Per, per quanto, sebbene.