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18 rime varie


Mi appresentai dell’immortale arciero;1
E un biondo crin fu il laccio mio primiero,
4Mercé il gran Dio che il mondo signoreggia.
Quindi, negli anni in cui piú l’uom vaneggia,2
Feci mio dolce ed unico pensiero
Altra beltà dall’occhio ardente e nero:
8Senza uscir pur dalla volgare greggia.3
Sperava io poi d’ogni servaggio il fine;
Nol volle Amore; e mi additò costei,
11Che negro ardente ha l’occhio, ed auro il crine.4
Mostrolla, e disse: In questa amar tu dei,
Piú che il bel volto, le virtú divine,
14Ch’io per bearti ho tutte accolte in lei.


XIX [xxxiv].5

Gli piace il volto, e piú ancora l’animo della sua donna.

O leggiadro, soave, e in terra solo,
Viso che in ciel s’invidieria fors’anco;6
A dir di te il mio stil vieppiú vien7 manco,
4Tal8 sovr’ogni beltade innalzi il volo:
Già tue angeliche forme infra lo stuolo
Posto m’avean di quei, che il viver franco9
Non chiaman vita; e il trar dall’egro fianco


    letti, moglie di Giovanni Turinetti, marchese di Prié, ed eccolo trascinare lungamente le sue vergognose, aborrite catene. A quale di questi amori allude il Poeta nel presente sonetto? Probabilmente nella prima quartina egli intende riferirsi alla Signora dell’Haja, della quale s’invaghí quando aveva diciannove anni, il che dà ragione dell’adulto appena del primo verso; l’altra donna poi dall’occhio ardente e nero è, forse, Gabriella Falletti e me lo fa supporre il verso:

    Sperava io poi d’ogni servaggio il fine;
    Ma gli accenni sono, per altro, troppo vaghi in questo sonetto, perché si possa venire ad una conclusione sicura.

  1. 2. Di Amore.
  2. 5. Il Tasso (Gerus. lib., VII, 12):
    Tempo già fu, quando piú l’uom vaneggia
    Nell’età prima, ch’ebbi altro desio...
  3. 8. Dante (Inf., II. 104 e segg.):
    Che non soccorri quei che t’amò tanto,
    Ch’nscío per te dalla volgare schiera?
  4. 11. Veggasi la nota prima del sonetto XVI.
  5. Anche questo sonetto è del 1778.
  6. 1-2. Reminiscenza, forse, dei versi di Dante nel canto di S. Francesco:
    La sua mirabil vita
    Meglio in gloria del ciel si canterebbe.
  7. 3. Vieppiú vien, dà cattivo suono.
  8. 4. Tal, tanto.
  9. 6. Franco, libero: il Petrarca, nel Trionfo della Morte (I, 136):
    Nessun di servitú giammai si dolse
    Com’io di libertà....
    e in Rime, LXXXIX:
    Donne mie, lungo fora a ricontarve
    Quanto la nova libertà m’increbbe.