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244 dalle «satire»


Che brevità quest’è, che l’alma priva
Di quella inenarrabil placidezza,
57 Con cui molce chi avvien che steso scriva?1
Cos’è quest’artefatta stitichezza2
Di dir piú in tre parole ch’altri in venti?
60 Non lo scarno, il polposo fa bellezza.
Che son elle codeste impertinenti
Tragedie in cinque o in quattro personaggi,
63 Insultatrici delle antecedenti?3
Non ci avean date già Scrittori maggi4
Rosmunde e Sofonisbe e Oresti e Bruti,5
66 Da spaventar dappoi gli audaci e i saggi?
Che moderni! che razza di saputi!
Voler tutto rifare, andando al breve,
69 Spogliato di quei fregj a noi piaciuti!6
Certo, i lirici Cori onde riceve
L’udito e il cuore dilettanza tanta,
72 L’immaginarli e il verseggiarli è greve:7
Piú facil quindi e spiccio è il dir: «Non canta
La Tragedia fra noi: chi ariette scrive,
75 Dai suoi Catoni i Catoncini ei schianta».8
Suore forse non son le Nove Dive?9
Fia che a sdegno Melpòmene mai prenda
78 Voci aver da Tersícore10 piú vive?
La Tragedia, gnor sí, canta;11 e l’intenda
Com’ella il vuole: il Metastasio è norma,
81 Che i Greci imita, e i Greci a un tempo ammenda.12


  1. 55-57. «La tragedia», scriveva l’A. nella cit. lett. al Calzabigi, «[deve essere] rapida per quanto si può servendo alle passioni, che tutte piú o meno voglion pur dilungarsi...» — Con cui molce etc. con cui appaga l’animo chi è capace di scrivere abbondantemente (steso).
  2. 58. Stitichezza, nel senso di brevità, difficoltà di esprimersi con gran numero di parole.
  3. 61-63. Nella tragedia l’A. voleva «i soli personaggi attori e non consultori o spettatori», e sono generalmente quattro o cinque, con una o due donne.
  4. 64. Maggi, maggiori; cosí in Dante (Inf., VI, 48; Par., VI, 120; XIV, 97).
  5. 65. La Rosmunda e l’Oreste sono due tragedie di Giov. Rucellai (1475-1525), la Sofonisba è di G. G. Trissino, e fu rappresentata la prima volta nel 1515. De’ Bruti ne furon scritti parecchi prima di quelli dell’A.: fra gli altri, uno ne scrisse Saverio Pansutti (Napoli, Parrini, 1723), un altro Giuseppe Gorini-Corio, (Milano, Mantano, 1724). Ma non possiamo dire a quale si riferisca Don Buratto.
  6. 69. A noi piaciuti, che piacquero a noi.
  7. 70-72. Tanto le due tragedie del Rucellai quanto quella del Trissino hanno de’ cori, che non prendono parte viva all’azione delle tragedie stesse, ma commentano via via quello che gli attori dicono e quel poco che fanno.
  8. 75. Cioè, separa ciò che è inseparabile, ed unisce cose che non possono stare insieme.
  9. 76. Le Nove Dive, le Muse.
  10. 78. Tersícore è delle Muse quella che presiede alla danza; ma qui è, invece, da considerarsi come la dea del canto.
  11. 79. Canta, cioè, deve cantare.
  12. 81. Ammenda, corregge. All’A. pareva che i melodrammi del Metastasio fossero proprio la negazione dello stile tragico e rideva di coloro che a Pisa glieli