Osservazioni di Giovanni Lovrich/Del Corso della Cettina, il Tilurus, o Nastus degli antichi/§. 8. Dell'acqua di Sutina, e luoghi aggiacenti
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§. VIII.
Dell’acqua di Sutina, e luoghi aggiacenti.
Oltrepassata Sutina, si entra nella Campagna di Much, che si estende per tre miglia, e più in lunghezza, ma ella è poco larga. Questa Campagna è celebre per la distinta, e buona qualità di formento, che produce. „ La più osservabile cosa, dice il Fortis, che io abbia colà veduto, furono de’ gran massi di Breccia macchiata di pagonazzo, e di altri belissimi colori. Superbe Colonne, e magnifici monumenti potrebbonsene lavorare, se il luogo fosse meno lontano dal mare, o più praticabili le strade intermedie. „ Io me ne intendo poco per parlar con ischiettezza di questa Breccia, di cui il Fortis farebbe tanti bei lavori; ma se la esperienza puote insegnar qualche cosa, si sa, che si potrebbe eseguire un qualche pezzo d’imbusto, e cose simili, non essendo costante la Breccia stessa ne’ suoi colori. Anche io avea portato meco dalla Dalmazia un superbo pezzo di di marmo, e mostratolo ad un Professore, mi disse. „ Il marmo sarebbe bello, se le stratificazioni del Monte, ov’è trovato, corrispondessero a questo pocolino, „ che non corrispondevano. Se io mi avessi dilettato di ciarlataneria, avrei fatto intraprendere un viaggio inutilmente a qualche intendente di questa materia, dandogli ad intendere, che vi avrebbe trovato il proprio conto. Ma il Cielo mi guardi da sì fatte imposture! Verso il Monte a Tramontana si osservan delle rovine, ricoperte di terra, e di erba, di un qualche stabilimento Romano, e non oserei decidere, se colàFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269 veramente vi fosse mai stata una Città, o no. Fra quelle rovine, vicino ad un acqua detta Stobrez si trovò, cinque anni fà, la seguente Iscrizione, che prometteva tesoro alla gente superstiziosa, ed ignorante
M. VALERIO
DONICO
NATUS DOMO
CELEIA. E. .7. CHOR. III.
ALPINORUM. FECIT.
HERENNIA PUDEN. .
IIΠΛ
i Π CONIUGI
BENE MERENTI.
Io fui a visitare tutt’all’intorno la Chiesa di S. Pietro Situata su di una picciola collinetta, per veder se vi fosse qualche Iscrizione, ma indarno. Mi fa detta una cosa, che veramente fa compassione, che questa Chiesa, che avrebbe bisogno di essere dilatata per lo accrescimento della popolazione, che si fa di anno in anno, non la vogliono disfare alcuni Villici, perchè La tradizionale ignoranza à conservato loro, ch’ella è la prima di tutte le Chiese Cristiane, fabbricate in Dalmazia. In fatti è degno di essere lasciato ai posteri un sì prezioso monumento dell’antichità. Io non consiglierei però un Antiquario di muover un passo per vederlo. Il pio Parocco di S. Pietro, avendo intese le mie premure, s’inviò meco per un miglio di strada ad una Chiesa, dedicata alla B. Vergine, ove in un angolo esterno di un altare fuori della Chiesa mi fece leggere la Iscrizione, che siegue.
CASTORI ET POLLUCI
SACERUM
FABERICIA PIERIS
V. S. L. M.
E per secondare vieppiù il mio intento, mi condusse all’altro Parocco della Madonna, perchè mi dasse qualche lume migliore, se ne avesse. Qual diversità! In tuono grave il vecchio Zoccolante, che si apparava a celebrar la messa, e che non avea, ancora bene spogliati i pregiudizj della fanciullezza, (quai consistono in creder gli Storici Naturali pazzi, e gli antiquarj scava-tesori) mi disse, che „ questo è un operare contro le Leggi del Principato l’andar per le Ville a legger le Iscrizioni per iscavar de’ Tesori. „ Ma Padre, io gli dissi, sapete voi a qual uso sieno fatte tutte le Iscrizioni? Eh! rispose, siete giovine per volerla impor a me. Era in mia compagnia il ragguardevole Signor Co: Giuseppe Osner, che a cagion di onore mi giova nominarlo, per le singolari qualità, che lo distinguono, il quale abbandonate le delizie dell’Italia se ne venia meco per questi luoghi alpestri, amando meglio di osservar quì le prodezze della Natura, che altrove le finezze dell’arte. In presenza dunque di questo rinomato Soggetto forestieere mi spiaceva, che il mio Zoccolante Nazionale balbettasse in Italiano le suriferite pazzie. Gli dissi in Illirico, ch’è vergogna il dimostrarsi così scemo di cervello appo un Forestiere, ed. egl’inconsideratamente tornò a confermar la propria opinione, ed impaziente mi chiedea cosa volesse significare la Iscrizione, incastrata nella rozza muraglia dell’altare. Allora io, quasi sdegnato, gli dissi, facendo un misto di lingua Illirica, ed Italiana; Padre, la Iscrizione, che si legge nella muraglia del vostro altare è un voto, dedicato a Castore, e Polluce, ch’erano del numero degli Dei de’ Romani, e somiglia a que’ voti, che i Morlacchi giornalmente vi lasciano in Chiesa, colla differenza, che i Romani offrivano i voti alle false Deità, e li scolpivano ne’ sassi, perchè restassero memorie eterne, ed i Morlacchi gli offrono al vero Dio, ed a’ suoi Santi in lamette di argento, che non vi sarà già pericolo, che voi le lasciate a’ posteri. Il Frate non voleva intender ragione, ed io era più pazzo a contrastar con esso lui, e prendendo finalmente il congedo me ne andai in santa pace. Si dice, che all’intorno delle Montagne di Much vi fieno delle miniere di rame, e di ferro. Ciò si potrebbe dare, ma io non le ò vedute, nè voglio contar su le voci popolari.
Ghisdavaz, e Prugovo, che sono in qualche modo dalla parte dell’ostro rispetto alla Campagna di Much, sono due ingrate Valli, che richiedesi la schiena degli abitanti, che per dura necessità si degnano trattar la zappa, per ricavar qualche utilità dal prodotto de’ grani. Ma quel, ch’è peggio la Valle di Prugovo si converte di Verno in un profondissimo Lago, e non vi si ponno per conseguenza seminar i grani i più utili. „ Il Fiume di Salona, dice il Fortis, ch’esce già formato dalle radici del Monte, e quello de’ mulini di Traù devono probabilmente l’origine, e gli accrescimenti loro alle acque, che si sprofondano da questa, e simili Valli sotterra. “ 1 Si può dare, che l’acqua de’ mulini di Traù nasca dalle acque sotterranee della Valle di Prugovo, ma il fiume Salona si à osservato, che à dell’analogìa più tosto colla Cettina. Ò udito dire, che una volta si provò gettare varj sacchi di paglia in una delle voragini di Prugovo, e fu osservato, che questa paglia si trovò in un’acqua dolce ne’ scogli di Sibenico. Ma creda chi vuole a questa favola, io no. Ai tre di Luglio l’anno scorso in Dalmazia si sentì un fracasso di tuono a Ciel sereno. È cosa da ridere il sentire alcune opinioni Fisico-volgari fra noi su questo punto. Dicevano taluni di aver veduta una testa, che gettava fuoco da tutte le parti, e che in un batter di ciglio passò dall’Occidente all’Oriente. Ò sentito io pure il romore, ma non vidi testa di sorte alcuna, che butasse, fuoco, che che con prestezza mi sia posto ad osservare. Alcuni altri si mettevano in costernazione, che non dovesse predir qualche funesto accidente questo fenomeno inusitato. Diversi Morlacchi dicevano poi, che la causa dello strepito fosse stato un foco violento, escito delle viscere della terra ne’ contorni di Prugovo, nel luogo, detto, Zcerniçin Lugh. Questi ultimi ragionavano meglio degli altri, ma la maggior parte degli abitanti di que’ contorni mi assicurò, che ciò non è punto vero, io però non ebbi l’agio di esaminar personalmente la verità.
- ↑ Vol. 2. p. 56.