Oro, dolce diletto

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Canzoni Letteratura Oro, dolce diletto Intestazione 20 gennaio 2024 75% Da definire

O tra purpuree vesti Ne' suoi versi fedeli
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni sacre di Gabriello Chiabrera


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XVIII

PER S. FRANCESCO

Oro, dolce diletto
     Del guardo, che ti mira,
     Esca soave degli umani cori,
     A te gemendo ogni mortal sospira,
     5E te tracciando non perdona al petto
     I più forti sudori,
     Chè pensando agli onori
     De’ tuoi lugidi rai,
     Dispera uman pensiero
     10Gioja di bene intero,
     Ove tu non la dai.
Per te spiega le vele,
     E con la prora fende
     Nocchier i campi di Nettun frementi:
     15Vago di te nelle battaglie orrende
     Segue forte guerrier Marte crudele
     Fra’ più duri tormenti:
     Pasce vellosi armenti,
     Olmi nutrica, e viti,
     20Miete le spiche, ed ara
     La turba montanara,
     Perchè ciò far l’inviti.
Oro, dei cor mortali
     Fortissimo tiranno,
     25Arcier possente di saette acute,
     I colpi tuoi per ogni parte vanno;
     Ma pur, che puoi, se su nel ciel non sali
     Ove è nostra salute?
     Oh umana virtute
     30Debile in corso e tarda,
     Ch’ergi d’orror le chiome
     Di povertade al nome;
     Guarda il Calvario, guarda.
Su quel giogo romito
     35Altro tesor non scerno,
     Che nudo tronco, ove il gran Dio s’appese;
     E dietro l’orme del Signor eterno,
     Colà salendo peregrin spedito,
     Ciò ben Francesco intese:
     40Pianta, che al cielo ascese
     Coll’umil sue radici:
     Vaso eletto d’odore,
     Vivo vampo d’amore,
     Maestro de’ mendici.
45Mentre più ferve il mondo
     In seguitar la strada,
     Che ria trascorre d’avarizia i campi,
     Vien Francesco dal ciel quasi rugiada,
     E sparse sopra lui nembo giocondo,
     50Perchè via meno avvampi.
     Ei non dell’ostro i lampi,
     Non le conche di Gange,
     Ma scelse ombre gelate,
     Ove forza d’estate
     55I cupi orror non frange.
Ma se belva in deserto
     Casca ove vien trafitta;
     Francesco umíle in duri boschi alpini

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     Sorge al ferir d’una faretra invitta,
     60Chè in quattro piaghe, e nel costato aperto
     Serba tesor divini.
     Ben tra i monti marini,
     Quando Aquilon più strida,
     Può travïar nocchiero,
     65Ma non s’erra in sentiero
     Là ’ve Francesco è guida.
Qual in terra il dirai,
     O buon Panicarola1,
     Ecco fra noi della celeste voce,
     70Seguitator della mendica scuola?
     Dillo bel Sol, che seminando rai
     Va fulgido veloce;
     Dillo, tuon, che feroce
     Squarcia turbini tetri,
     75E sgombra empie tempeste;
     Or sul regno celeste
     Per noi prieghi ed impetri.

Note

  1. Francesco Panigarola, famoso predicator popolare, fiori dal 1570 al 1594. Egli nacque a Milano d’una famiglia patrizia nel 1548.