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del chiabrera | 89 |
Sorge al ferir d’una faretra invitta,
60Chè in quattro piaghe, e nel costato aperto
Serba tesor divini.
Ben tra i monti marini,
Quando Aquilon più strida,
Può travïar nocchiero,
65Ma non s’erra in sentiero
Là ’ve Francesco è guida.
Qual in terra il dirai,
O buon Panicarola1,
Ecco fra noi della celeste voce,
70Seguitator della mendica scuola?
Dillo bel Sol, che seminando rai
Va fulgido veloce;
Dillo, tuon, che feroce
Squarcia turbini tetri,
75E sgombra empie tempeste;
Or sul regno celeste
Per noi prieghi ed impetri.
XIX
SI LODANO LE PITTURE SACRE
DI GIAMBATTISTA CASTELLO
Ne’ suoi versi fedeli
Già sull’arpa dicea l’Ebreo Cantore,
Che ci narrano i cieli
Le glorie del Signore;
5Qual maraviglia omai, poscia che ogni ora
Il pennel di tua man le narra ancora?
Tu spesso altrui dimostri
L’unica genitrice Verginella,
Quando dagli alti chiostri
10Le vien l’alta novella,
Allor che scese Dio quasi rugiada,
Che in puro velo distillando cada.
Spesso ancor rappresenti
Cinto di raggi nel mortal sembiante
15Fra mansueti armenti
Il sempiterno Infante,
Uscito dalla madre in su vil fieno,
Qual per lucido vetro il Sol sereno.
Ivi come l’avvolga
20Con man di rose in bei candidi lini,
Ivi come lo sciolga:
Ivi con gli occhi inchini
In atto umíl veggiam come l’adori:
Cotanta forza hai tu co i tuoi colori
25Ma pur qual de’ Celesti
Ti spirò nella mente il bel concetto,
Quando la ci pingesti
Col pargoletto al petto?
Dalla viva mammella il latte ei sugge;
30Ella il rimira, e per amor si strugge.
Ah tra più chiari lampi
Bella, che in ciel se ne risorga, Aurora;
Vaga Uliva ne’ campi;
Mirra, che eletta odora;
35Alto su’ gioghi di Sïon Cipresso,
Platano ombroso alle bell’onde appresso!
Ma donde ho ciglia acute,
Che m’affiso nel Sol, dove tu godi?
Debili labbra e mute
40Formeran tue gran lodi?
Troppo ardente desir certo mi spinse;
Dunque loderò lui, che ti dipinse.
Su rugiadose piagge.
Da’ varii fior che vago Aprile ha sparsi,
45Ape dolcezza tragge
Mirabile a gustarsi;
Ma tu Castello da color diversi2
Dolcezza, che è miracolo a vedersi.
XX
PER BERNARDO CASTELLO
Il quale dipinse la chiesa
della Madonna di Savona
Nel divoto soggiorno
Di questa valle Alpina
La gente peregrina,
Che per pietate le ginocchia atterra,
5Infino a questo giorno
Altro a mirar non prese
Se non come cortese
L’alta Donna del ciel scendesse in terra:
Invan muovono guerra,
10Quasi nuovi giganti,
I Germanici mostri,
Contra i regni stellanti.
Scese dagli alti chiostri,
Scese cinta di rai
15A pastorel canuto,
E gli promise ajuto
Ne’ miserabil guai.
Come s’intese il grido
Di così gran pietate,
20Ogni sesso, ogni etate
Umíl sen venne in questi alpestri orrori,
Ed al paterno lido
Nessun rivolse il piede,
Senza provar mercede
25Di celeste conforto a’ suoi dolori;
Quinci infiammati i cori
Per eterna memoria
Ersero altari e tempio
Alla superna gloria.
30Ben fu d’amore esempio
Il sagro albergo ascoso
Nelle montane asprezze;
Ma l’umane ricchezze
Nol fean meraviglioso.
35L’Onnipotenza eterna
Talor par che dispregi
Le ricche pompe e i fregi,
Di che sì vaga è la terrena cura;
Talor anco governa
40I suoi culti altamente:
Ed ecco oggi repente