Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo trentunesimo
Questo testo è completo. |
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
◄ | Capitolo trentesimo | Capitolo trentaduesimo | ► |
Il contegno del colonnello Fitzwilliam fu molto apprezzato al Presbiterio, e le signore pensavano che la sua presenza avrebbe aumentato di molto il piacere delle loro serate a Rosings. Trascorsero però alcuni giorni prima che ricevessero un invito; ora che Rosings aveva visite importanti, la loro presenza non era più necessaria, e fu soltanto a Pasqua, quasi una settimana dopo l’arrivo degli ospiti, che ebbero l’onore di un invito per la sera, all’uscita dalla chiesa. Nell’ultima settimana avevano visto raramente sia Lady Catherine che sua figlia. Il colonnello Fitzwilliam era venuto più di una volta da loro, ma non avevano visto Mr. Darcy che in chiesa.
Naturalmente accettarono l’invito e alla debita ora raggiunsero la compagnia nel salotto di Lady Catherine. Sua Signoria li ricevette con gentilezza, ma era facile vedere che la loro presenza non era così gradita come quando non aveva di meglio; era troppo occupata a parlare con i suoi ospiti, specialmente con Darcy, che la interessava più di tutti.
Il colonnello Fitzwilliam mostrò tutto il piacere che provava a vederli; ogni distrazione era benvenuta a Rosings, senza calcolare che la graziosa amica di Mrs. Collins aveva colpito la sua fantasia. Si sedette accanto a lei parlando con tanta piacevolezza del Kent e dell’Hertfordshire, del viaggiare e dello stare a casa, dei libri recenti e di musica, che Elizabeth non si era mai trovata tanto bene in quel salotto, e la loro conversazione divenne così animata ed espansiva da attirare non solo l’attenzione di Lady Catherine ma anche quella di Mr. Darcy. I suoi occhi si erano spesso rivolti a loro con curiosità, e ben presto Sua Signoria, dividendo la stessa curiosità, la espresse apertamente, perché, senza troppi scrupoli, chiese:
«Che cosa state dicendo, Fitzwilliam? Di che cosa parlate? Che cosa raccontate a Miss Bennet? Voglio sentire anch’io».
«Discorriamo di musica, signora», egli disse, quando non poté evitare di rispondere.
«Di musica! Allora parlate, vi prego, a voce alta. È l’argomento che preferisco. Devo prender parte anch’io alla conversazione, se parlate di musica. Credo che in tutta l’Inghilterra vi siano poche persone che apprezzino la musica come me, o che abbiano un più innato buon gusto. Se avessi studiato, sarei una grande conoscitrice. E anche Anne, se la sua salute le avesse permesso di applicarsi, avrebbe suonato deliziosamente. E Georgiana, come va, Darcy?».
Darcy fece gli elogi più affettuosi dei progressi di sua sorella.
«Ne sono proprio contenta», disse Lady Catherine, «ma ditele, vi prego, che non può aspettarsi di eccellere se non si esercita parecchio».
«Vi assicuro, signora», rispose lui, che non ha bisogno di questo consiglio. Studia con molta costanza e impegno».
«Tanto meglio. Non sarà mai abbastanza, e la prima volta che le scriverò, le raccomanderò di non trascurare il pianoforte per nessun motivo. Dico spesso alle ragazze che non si può raggiungere, in musica, la perfezione senza un esercizio costante. Ho già ripetuto parecchie volte a Miss Bennet che non suonerà mai veramente bene se non studierà di più, e poiché Mrs. Collins non ha un piano, sarà sempre benvenuta se verrà a Rosings, anche tutti i giorni, per suonare sul pianoforte che è in camera di Mrs. Jenkinson. In quell’ala della casa non c’è pericolo che dia fastidio a nessuno».
Mr. Darcy sembrò piuttosto seccato per la sgarberia di sua zia e non rispose.
Preso il caffè, il colonnello Fitzwilliam ricordò a Elizabeth che gli aveva promesso di suonare per lui, e lei sedette subito al piano, mentre lui le si poneva accanto. Lady Catherine ascoltò metà di una romanza, poi riprese a parlare come prima con suo nipote, finché costui alzandosi, si diresse deliberatamente verso il pianoforte, mettendosi in modo da poter guardare in volto la graziosa suonatrice. Elizabeth, vedendolo, alla prima pausa si volse a lui con un sorriso malizioso:
«Avete l’intenzione di farmi paura, Mr. Darcy, venendo ad ascoltarmi con tanta solennità? Ma non mi spavento, anche se vostra sorella suona così bene. Sono talmente ostinata che non mi lascio smuovere dalla volontà degli altri. Il mio coraggio anzi si ridesta a ogni tentativo di intimidirmi».
«Non vi dirò che sbagliate», egli rispose, «anche se so che non credete affatto che io abbia l’intenzione di spaventarvi; ho il piacere di conoscervi da abbastanza tempo per sapere che vi diverte professare delle opinioni che non sono affatto le vostre».
Elizabeth rise di cuore a questo ritratto di se stessa, e disse al colonnello Fitzwilliam:
«Vostro cugino vi farà un tale quadro di me che sarete indotto a non credere una sola parola di quello che dico. Sono proprio sfortunata nel trovare una persona che può rivelare il mio vero carattere, proprio in quell’angolo del mondo dove speravo di potere avere qualche successo. Davvero Mr. Darcy, è assai poco generoso da parte vostra riferire tutto quello che avete scoperto contro di me nell’Hertfordshire, e permettetemi di dire anche che è poco politico, perché può provocare la mia vendetta, e ne potrebbe venir fuori qualcosa che scandalizzerebbe i vostri parenti».
«Non mi fate paura», disse lui sorridendo.
«Di grazia, ditemi di che cosa potete accusarlo», esclamò il colonnello Fitzwilliam. «Mi piacerebbe sapere come si comporta tra gli estranei».
«Lo saprete; ma preparatevi a qualche cosa di orribile. Dovete sapere che la prima volta che lo vidi nell’Hertfordshire, fu a un ballo, e volete sapere che cosa fece a questo ballo? Ballò quattro volte soltanto! Mi duole di affliggervi, ma fu proprio così. Ballò solo quattro danze benché ci fossero pochi uomini, e posso dire che più di una ragazza fu costretta a star seduta per mancanza di cavalieri. Non potete negarlo, Mr. Darcy».
«Non avevo allora l’onore di conoscere nessuna signora all’infuori di quelle del mio gruppo».
«Verissimo, e nessuno si può far presentare in una festa da ballo. E ora, colonnello Fitzwilliam, che cosa devo suonare? Le mie dita sono a vostra disposizione».
«Forse», disse Darcy, «avrei fatto meglio a farmi presentare, ma non ho le qualità adatte per piacere a chi non conosco».
«Dobbiamo chiederne la ragione a vostro cugino?», disse Elizabeth sempre rivolta al colonnello Fitzwilliam, «dobbiamo chiedergli perché un uomo intelligente e colto che ha vissuto nel mondo, non sa piacere agli estranei?»
«Posso rispondere per lui», disse Fitzwilliam. «È perché non vuol darsene la pena».
«Certo non ho l’arte che hanno alcuni», disse Darcy, «di parlare facilmente con chi non ho mai visto. Non so mettermi in sintonia con loro, né interessarmi ai loro argomenti, come vedo fare a tanti».
«Le mie dita», replicò Elizabeth, «non corrono su questa tastiera con la maestria che ammiro in molte altre persone. Non hanno la stessa forza, né la stessa rapidità e non ottengono gli stessi risultati. Ma ho sempre creduto che la colpa fosse mia, per non aver fatto la fatica di esercitarmi; non che io creda che le mie dita non potrebbero essere altrettanto capaci di una esecuzione perfetta, come quella raggiunta da chiunque altro».
Darcy sorrise, dicendo: «Avete perfettamente ragione. Avete impiegato mille volte meglio il vostro tempo. Nessuno tra quelli che hanno il privilegio di sentirvi può pensare che vi manchi qualcosa. Ma nessuno di noi due sa esibirsi davanti agli estranei».
A questo punto furono interrotti da Lady Catherine che chiese ad alta voce di che cosa stessero discorrendo.
Elizabeth ricominciò subito a suonare. Lady Catherine si avvicinò e, dopo aver ascoltato per alcuni minuti, disse a Darcy:
«Miss Bennet non suonerebbe affatto male se studiasse di più e se avesse avuto un professore di Londra. Ha una grande agilità, anche se il suo gusto non è paragonabile a quello di Anne. Anne sarebbe stata un’ottima pianista se la sua salute le avesse permesso di esercitarsi».
Elizabeth guardò Darcy per vedere con quanta prontezza assentisse all’elogio della cugina, ma né in quel momento né altre volte poté mai scorgere in lui alcun sintomo d’amore anzi, dall’insieme del suo contegno verso Miss de Bourgh le parve, a consolazione di Miss Bingley, che avrebbe altrettanto probabilmente sposato lei, se fosse stata sua parente, Lady Catherine continuò a dare i suoi giudizi sul modo di suonare di Elizabeth, unendovi molti consigli sull’esecuzione e sul gusto. Elizabeth li accolse con tutta la pazienza che le suggeriva l’educazione, e, alla richiesta dei due cavalieri, rimase al pianoforte finché la carrozza di Sua Signoria fu pronta per riaccompagnarli tutti a casa.