Or che volgono al ciel sì calde l'ore
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
◄ | Ecco turbano il ciel nuvoli oscuri | Duo bei veli distinti | ► |
LXXV
AL SIGNOR TOMMASO STRINATI
È da ricrearsi nelle stagioni nojose.
Or che volgono al ciel si calde l’ore,
Non vo’ pensier che mi contristi il core.
Solo di scoglio in scoglio
Il Polpo sforzo, che con cento braccia
5Avviticchiato sua difesa attende;
O col tridente io toglio
La cara vita al buon Dentale in caccia,
Che il puro tergo rosseggiando splende;
O con ami inescati io traggo fuore
10Dal mar la Triglia di mie mense onore.
Ma poichè i lidi estremi
Varca d’Atlante, ed i destrier suoi pronti
Il Sol pasce ne’ campi di Nereo,
Io sospendendo i remi,
15Là dove s’apre valloncel tra’ monti,
Al trasvolar dell’aura mi ricreo:
Aura, che sparge di selvaggio odore,
Onda, che di zaffir veste colore.
Tu d’Arno infra le sponde,
20Ove son use rinfrescar le vene,
Caro Strinati, l’affocate genti
Senti cantar gioconde,
Alternando co’cigni alme sirene
I cotanto d’Amor dolci tormenti,
25O Cosmo a segno di real valore
Non degli altri suoi Cosmi arcier minore!
Or che volgono al ciel si calde l’ore,
Non vo’ pensier che mi contristi il core.