Opere minori (Ariosto)/Rime varie/Sonetto XV

Sonetto XV

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Sonetto XV.


     Quel caprïol che, con invidia e sdegno
Di mille amanti, a colei tanto piacque,
Che con somma beltà per aver nacque
4Di tutti i gentil côri al mondo regno;
     Turbar la fronte, e trar (pietoso segno)
Dal petto li sospir, dagli occhi l’acque
Alla mia donna, poi che morto giacque,
8E d’onesto sepolcro, è stato degno.
     Che sperar ben amando or non si deve,
Poi che animal senza ragion si vede
11Tal premio aver di servitù sì lieve?
     Nè lungi è omai (se dee venir) mercede:
Chè quando s’incomincia a sciôr la neve,
14Ch’appresso il fin sia il verno è chiara fede.