Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova/XXXII

XXXII

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XXXI XXXII - Sonetto


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PSICHE




statua di marmo


XXXII.

In qual parte del Cielo, in qual idea
Era l’esempio di questa Psiche? che tenendo con le dita della mano destra leggerissimamente, quasi temesse di offenderla, l’estremità dell’ali di una gentil farfalletta, nè ad altro mostrandosi intenta ed assorta che nell’appoggiarla lieve lieve nel mezzo della sua bella mano sinistra, l’osserva con uno sguardo e con un sorriso celeste; e pare che additarci voglia che l’anima, di cui Psiche e la Farfalla sono qui l’emblema, sa pienamente bastare a sè stessa, e di sè stessa esser paga. Una leggera veste di candido e finissimo lino, la quale forma col color quasi vero delle carni un mirabile contrasto, e la [p. 94 modifica]meraviglia dello scarpello di Canova, con leggiadra semplicità, ripiegata la cuopre. Ma perchè quell’invido lino che adombra la metà inferiore delle tue belle membra, o castissima Psiche? Del tuo candore, della candida tua innocenza vestita, tu rendi puro come te stessa lo sguardo ed il pensiero che in te meravigliato si affisa. Questa fanciulla tutta bella desta però nell’animo di chi lungamente la contempla una certa inquietudine, un non so che d’increscevole. Quel tanto suo bastare a sè stessa ti spiace, e da quel marmo corri forse col rapido pensiero a quegli esseri, che volendo, e potendo bastare a loro medesimi, possono bensì esser felici, cari agli altri non mai. Quest’amabil giovinetta, che sta fra il decimoterzo e decimoquarto anno della sua età, viene considerata per l’aurea purità dello stile con cui è sculta la più Greca opera di Canova: e perchè a Greco scarpello Greca penna s’unisca, odi ed ammira il bel Sonetto d’Ippolito Pindemonte.