Opere complete di Carlo Goldoni - Volume I/Prefazioni dell'edizione Pasquali/Tomo IV

Tomo IV

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L’AUTORE

A CHI LEGGE.

(Tomo IV)


L’
AZIONE rappresentata nel primo Rame di questo Tomo, ed il verso d’Ovidio sottoposto al disegno, vuol dire ch’io era costretto a studiare e a difendere la scolastica Filosofia; ma un’altra Filosofia più certa, più piacevole e meno oscura formava internamente la mia delizia. Credo che utili sieno le scuole, che ammaestrano in tal materia, credo ottimo il sistema, che vi si osserva, non ardirei di parlare in contrario, ma in quanto a me posso dir certamente, che da tali scuole e da un tale metodo ho approfittato pochissimo. Eppure senza la scorta della Filosofia non avrei potuto intraprendere l’arte delle Commedie, nè scandagliar le passioni, nè argomentare sulla condotta degli uomini, nè penetrare nel cuore umano. Qual è dunque la Filosofia, di cui mi sono servito? Quella che abbiamo impressa nell’anima, quella che dalla ragione ci viene insegnata, quella che dalla lettura e dalle osservazioni si perfeziona; quella in fine che dalla vera Poesia deriva, non già dalla bassa Poesia, che chiamasi versificazione, ma dalla sublime, che consiste nell’immaginare, nell’inventare e nel vestire le favole di allegorie, di metafore e di misteri. Aristotile istesso lasciò scritto: la Poesia insegna la Filosofia, ma così dicendo non intese egli di parlare dell’oda, dell’elegia, e molto meno de’ nostri sonetti e delle nostre canzoni, che non erano nate ancora al suo tempo, ma della grande Poesia, consistente nell’Epopeja, nella Tragedia e nella Commedia, i quali componimenti, per essere perfettamente Poemi, non hanno bisogno dei versi, ma di quella elevazion di pensieri, chiamata da Orazio: quid divinum. Non pensar già, Lettor mio gentilissimo, ch’io presuma per questo di essere qualche cosa di grande. In tutti gli ordini, in tutte le facoltà si dà il più ed il meno. Il mio scarso talento non mi ha permesso di gir tant’alto, quanto il genio mio mi spronava, ma pure ho battuto anch’io [p. 14 modifica]quel sentiero, e innamorato della poetica Filosofia mordeva il freno delle scolastiche Tesi.

Rimini fu la città, in cui dovetti due anni divertirmi assai magramente col Barbara Celarent Darij Ferio Baralipton, e tanto piacere io ne aveva, che sopraggiuntomi colà il vajuolo, mi parve una delizia a fronte del Blichtri e dell’ente di ragione. Due mesi ch’io stetti in casa, gl’impiegai saporitamente nella lettura di Plauto, in cui coll’ajuto de’ buoni comentatori trovai tanta buona Filosofia da saziare ogni umano intelletto, e da farmi ridere sempre più delle sottilissime argomentazioni, S’io fossi stato in Perugia, dove era prima, s’io fossi stato tuttavia con mio Padre, che aveva per me tutta la ragionevole condiscendenza, avrei troncato assai presto non lo studio, ma il metodo di studiare. Per mia sventura mi trovava soggetto a persone, che si faceano una legge di tiranneggiare il mio spirito. L’amor grandissimo, che avea mia Madre per me, la rese afflittissima dappoi che io partii da Venezia, per istare vicino al mio Genitore, che esercitava in Perugia la medicina. Ciò che non potè l’amor del Marito, ottenne quello del Figlio; spiantò ella la casa Dominicale in Venezia, e venne colà a raggiugnerci, unita a una sua Sorella ancor nubile ed a Giovanni, mio Fratello minore. Fu poi inquietissima in quel soggiorno; l’aria le facea male; il paese non le piaceva; le Donne per lo più non sanno vivere fuori del lor paese; persuase mio Padre a partire; passammo per Rimini, e colà un buon amico e buon compatriota persuase mio Padre a lasciar me in educazione a terminare i miei studj. Partirono i miei Genitori col resto della Famiglia. Giunsero a Chiozza; colà mio Padre trovò ch’era suo interesse il fermarsi ad esercitar la sua professione, ed io stetti a Rimini per due anni a studiare la deliziosa Filosofia. Giovommi se non altro un simile studio a imparare a vincer me stesso, ad assoggettare l’inclinazione al dovere, e procurai con ogni sforzo di comparire alla meglio, difendendo in pubblico alcune Tesi, delle quali io era pochissimo persuaso. [p. - modifica]