Opere (Lorenzo de' Medici)/XV. Canzoni a ballo/Canzone XI.
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xi
Crudel Fortuna, a che condotto m’hai?
Peggio non mi puo’ far che quel che fai.
Tu ti mostrasti giá felice e bella,
tu mi mostrasti il tuo volto sereno;
dicesti a me che volevi esser quella,
la qual facessi ogni mio disio pieno:
poi ti mutasti in meno ch’un baleno,
e mi facesti pien d’affanni e guai.
Promettestimi giá che un bel sole
fare’ per sempre la mia vita lieta;
e nel principio dolci atti e parole
di speranza facean l’alma quieta:
e m’hai dimostro alfin che un cor di prieta
amato io ho, e dileggiato m’hai.
Io non credevo al tuo falso sembiante,
e ben ti conoscevo in altre cose:
ma de’ begli occhi lo splendor prestante
e le fattezze sí belle e vezzose,
fecion che l’alma mia speranza pose
in tue promesse; e morte n’acquistai.
Tu m’accendesti al core una speranza,
che mi facea veder quel che non era:
lasso! io credetti che maggior leanza
regnassi in te: dunque folle è chi spera;
perché ho veduto poi in qual maniera
schernito al tutto e dileggiato m’hai.
Va’, canzonetta; e pregherai colei,
la qual può farmi vivere e morire,
che alfin vogli esaudire i prieghi miei;
digli che m’apra un tratto il suo disire.
E, s’ella vuol le mie ragioni udire,
Fortuna piú crudel non fia giamai.