Opere (Lorenzo de' Medici)/XV. Canzoni a ballo/Canzone XII.
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xii
Amor, poich’io lasciai tuo gentil regno,
la vita mia è sol dispetto e sdegno.
Poiché la donna mia per sua durezza
mostrò d’avere a sdegno il mio servire,
la vita mia sanza la sua bellezza
vita stata non è, ma un morire.
Amor libero e sciolto lasciomm’ire:
d’allora in qua ebbi la vita a sdegno.
Amor non puossi chi non ama altrui;
non ha amante chi non sente amore;
e, se in un tempo innamorato fui,
non conoscevo ancor il mio errore;
ma, come se n’accorse poi il mio core,
non vòlse con Amor pigliare sdegno.
A mal mio grado mi parti’ da quella
ch’io piú amavo che la vita mia;
e da poi in qua mia vita meschinella
è stata sempre, e cosí sempre fia:
d’Amor mi dolgo e di Fortuna ria,
che l’uno e l’altra mostra avermi a sdegno.
Vorrebbe pure il mio cor ritornare
al foco ardente, alla fiamma amorosa,
che in questo modo omai non può piú stare.
Se qualche donna ci fussi pietosa,
che accetti questa vita lacrimosa,
a lei mi do: ogni altra cosa ho a sdegno.