Opere (Lorenzo de' Medici)/XV. Canzoni a ballo/Canzone VIII.
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viii
So con altri ti diletti,
né di me udir vuo’ nulla:
tu hai il torto inver, fanciulla,
se ’l mio amor tu non accetti.
Certamente tu hai il torto
non accettare il mio core;
dammi almen qualche conforto,
non sprezzar cosí il mio amore;
perché m’è troppo dolore
pensar ch’altri abbi diletto,
io ti sia cosí in dispetto:
per disutil tu mi metti.
Forse ancor se mi provassi,
donna, e’ ti verre’ disio
di far ch’altri non mi passi:
piaceréti l’amor mio,
e sarei il buono e ’l bello io;
donna, deh! non mi spregiare,
ch’io saprei cosí ben fare,
come quel ch’è tra li eletti.
Tu hai il torto a non mi udire,
ché ascoltar si vuol ciascuno;
tu non sai quel ch’io vo’ dire,
e son pur me’ duo che uno.
Scusami s’io t’importuno:
ché, se tu ne farai pruova,
io so quanto il servir giova;
non vorrai che piú aspetti.
Donna, il dico per tuo bene,
se tu vuoi esser stimata,
ch’altri stimi si conviene:
chi non ama, non è amata.
Chi non ode una imbasciata
certo ell’è troppo crudele:
io son pure un tuo fedele;
il torto hai, se non m’accetti.