O voi, che le Cefisie onde otteneste
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O voi, che le Cefisie onde otteneste,
Che dimorate in una equestre sede,
Del fertile Orcomeno o voi regine
4Grazie, m’udite.
De’ Minii antichi, o protettrici, a voi
Volgo le preci. Inver per voi diventa
Tutto giocondo e dolce all’uman germe,
8O che si vanti
Alcun di senno o di beltade o d’oro.
Non fan gli Dei senza Grazie danse,
Nè conviti, chè in ciel dispensatrici
12Di tutto sono,
Ed hanno il trono al Pitio Apollo presso,
Che tratta l’arco d’oro, e fanno onore
Al loro padre Olimpio, in sempiterno
16Lui celebrando.
Aglaia venerando e tu Eufrosine
D’inni vaga, di Giove onnipossente
Figliuole, prego, a me porgete orecchio
20Or ch’io v’invoco.
Tu pur, Talia, che sei del canto amica
Il guardo volgi all’inno mio corale,
Che sostenuto da propizia sorte
24Ecco, s’inoltra.
In Lidio metro, in meditato carme
Canto Asopico: a te si dee, se questa
Minia città vinse gli Olimpii giuochi.
28Eco, tu vanne
Nella sede, ove alberga in negre mura
Ecate: al padre Cleodàmo arreca
La nobile novella, allor che il vedi,
32Che il figlio suo
Cinse la chioma giovanil d’un serto,
Che meritò ne’ generosi ludi,
Entro del seno della glorïosa
36Città di Pisa.