O fortunata casa ch'eri avvezza
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XV secolo
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Questo testo fa parte della raccolta Opere (Lorenzo de' Medici)/III. Rime
xxix
[Il solo aspetto del volto sereno della sua donna volge in dolcezza le antiche pene.]
O fortunata casa ch’eri avvezza
sentir i grevi miei sospiri e pianti,
serba l’effigie in te de’ lumi santi,
e l’altre cose come vili sprezza.
O acque, o fonti chiar’, pien’ di dolcezza,
che col mormorio vostro poco avanti
meco piangevi, or si rivolga in canti
la vostra insieme con la mia asprezza.
O letto, delle mie lacrime antiche
ver testimonio, e de’ miei sospir pieno,
o studiolo al mio dolor refugio;
vòlto ha in dolcezza Amor nostre fatiche
sol per l’aspetto del volto sereno,
ed io non so, perché a morir piú indugio.