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Scritti - I lauri

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Scritti - La morale novissima Scritti - Per Shelley


[p. 38 modifica]vi s’è recata ed ha fatto le meraviglie nel Parco e in Piazza d’Armi motteggiando tutta briosa così da acquistar nuove simpatie. Dall’arte popolana a quella dotta, dai dialetti umili al verso eletto e sonoro della poesia italiana.

Il Marradi invogliato dalle rapsodie garibaldine segue a carezzar con l’ampia onda melodica figure del patrio risorgimento, ed egli ha or ora rievocato il gentilissimo Tito Speri; Giuseppe Cesare Abba che prima di scriverle ha vissute quelle pagine di leggenda, raccoglie i Vecchi Versi in cui vibra gagliardo l’amor di patria sinceramente sentito ed espresso; poesia fatta principalmente di ricordi come quella che inspira quasi tutto il volume di liriche dettate con forma piana e modesta dal venerando De Gubernatis, quasi a riposo dei dotti studi, e da Grazia Pierantoni-Mancini per rivivere simpatiche sensazioni affettuose, impressioni d’arte o di paese. Un altro studioso, che ha fama di poeta, Arturo Graf, si è provato con le Rime della Selva, ad un genere dalla critica troppo severamente giudicato o con troppa indulgenza esaltato: non v’è dubbio; il poeta aveva sin d’ora abituato i suoi ammiratori ad una forma più eletta e il contenuto ironico risente troppo, questa volta, della inspirazione heiniana. Da Trieste, Dal mio paese il Pitteri manda un saluto alla terra italiana. Guido Menasci con elegante agilità di metro dettò l’Ode a Livorno.

L’arte di Giovanni Pascoli è già da tempo ben definita; le Myricae contenevano in germe le bellezze fiorite poi nelle altre raccolte e rendon caro anche il volume recente Odi ed Inni. E non sarebbe peregrina scoperta dir che il poeta ascoltò il canto degli Dei nascosti nei rivoli, nelle boscaglie, tra le erbe e le siepi, nel fitto delle macchie e su i nudi tronchi degli alberi; il Pascoli intende veramente quel senso del divino racchiuso in ogni cosa creata e lo rende sempre con tanta forza sincera da fargli perdonare certe asprezze e certe spezzature che son proprie della sua forma.

Nell’orbita pascoliana si aggira la tranquilla musa di Pietro Mastri che or ora nello Specchio e la falce raccolse liriche piacevoli per vivacità d’immagine e correttezza di forma: dal Pascoli più si allontana il Bertacchi. Chiede anch’egli l’inspirazione quasi esclusiva alle bellezze naturali; e vuole riaddursi alle sorgenti limpide e fresche dei tempi primitivi. Nella contemplazione della terra selvaggia e vergine paion cadere tutti i pesi e tutte le catene che oggi ei abvincono l’uomo si sente leggero e libero come dovettero sentirsi i nostri antichi progenitori: e l’anima del poeta è tutta entusiasmo e speranza e slancio verso l’amore e verso la bellezza. Talvolta questo slancio si fa meno ardente; il poeta si lascia vincer la mano dal filosofo in modo troppo visibile. Una nota giovanile chiude la breve rassegna poetica: è data dai Sonetti voluttuosi di Francesco Gaeta; l’ardor della passione vi è moderato dalla sapiente misura della forma, per cui si rendono anche pregevoli le liriche di Uberto Bianchi.

I novellieri, i poeti, ci son richiamati alla memoria in questa malinconica giornata che vede turbinar nel giardino battuto dalla pioggia, sotto il ciel grigio, le ultime pallide foglie delle rose supreme... Ma dalla quiete della loro stanza di lavoro un altro gruppo pare raccogliersi allo sguardo. I nostri studiosi sono ora una folla: e quello che più preme non si racchiudono nella torre d’avorio, ma cercano di diffondere e volgarizzare il frutto dei loro studi con premura di cui poco innanzi pareva che i nostri dotti non si curassero gran fatto... Odo la voce di un di loro, del più giovine forse, di Guglielmo Ferrero: parla ora al Collegio di Francia e fa vivere come fosse vita nostra quotidiana La repubblica d’Augusto: Scipio Sighele studia i tipi dei delinquenti nella Letteratura tragica; Ettore Zoccoli, divulgatore del verbo nietzschano, fruga e scruta il malo fenomeno dell’Anarchia, Angelo Mosso, analizza sotto vari aspetti La vita moderna degli Italiani e Giuseppe Cimbali considera il sorgere e il costituirsi della Città terrena: problemi di storia e sociologia acutamente, ma facilmente discussi e trattati. Nè la critica d’arte è meno ricca, Ugo Ojetti, che da dieci anni infaticabilmente lavora per interessare a cose d’arte il nostro pubblico, vi dice quali siano stati i risultati dell’Arte all’esposizione di Milano, il Coletti studia l’Arte senese, Igino Supino or ora levato alla dignità della cattedra nell’ateneo Bolognese, raccoglie in grandi linee l’evoluzione della architettura a Firenze; Adolfo Venturi prosegue con La scultura e la pittura nel Trecento l’opera vasta da tempo intrapresa...

Vi è nel nostro lavoro intellettuale intensa la curiosità dell’ora presente, l’interesse dei problemi urgenti, e la ricerca tende a ricongiungerla ad un passato che ne contenne il germe, e seppe la gloria; e questo è compenso sufficiente alla mancanza dei romanzi. [p. 39 modifica]La difficoltà a sceglier tra le opere puramente letterarie quali per meriti reali convenga additare al pubblico è minima in confronto a quella di accennare ai drammi e alle commedie di cui il pubblico stesso già diede il più delle volte un giudizio troppo sommario. Abbiamo accennato alla rumorosa caduta della tragedia nova di Gabriele d’Annunzio, Più che l’amore. Subito si discerne quali furon le cagioni di tale sommarissima esecuzione. Alla folla non parve tollerabile la glorificazione del delitto ignobile e inutile commesso dal protagonista il quale nulla opera per chiarire e fare apprezzare la propria tempra ch’egli asserisce eroica, privilegiata; le esplorazioni di Corrado Brando parvero ipotetiche. Chi garantirebbe ch’egli il di dopo non avrebbe rischiato i frutti del latrocinio sul tappeto di un’altra bisca? Quando il protagonista non sa sollevare attorno a sè un’aureola di simpatia la sua partita può dirsi perduta ed a nulla valsero le pagine mirabili di schietta poesia costrette ad ornar la trama incerta della nova tragedia dannunziana. Questa volta l’ingegno grande dell’abruzzese non ha saputo imporre un lieto destino alla favola da lui formata; è mancata all’opera d’arte quell’intima energia che la sostiene e la rende accetta.

Roberto Bracco guida sempre con abilità e con fortuna la sua navicella sul tempestoso mar della scena; gira attorno alle difficoltà quando non le supera ed ogni giorno più acquista la maestria che gli permette di trattar tutti i generi. Quindi nell’atto unico della Notte di neve ha saputo condensare un’azione drammatica di ambiente napoletano con rapidità incalzante così da giunger con tocchi febbrili, incisivi verso la catastrofe. Quindi nei Fantasmi ai quali il pubblico del Sannazzaro decretava un trionfo, Roberto Bracco affronta il dramma psicologico che conquista per l’analisi minuta, penetrante. Raimondo Artunni, scienziato, si sa condannato dalla tisi: e Giulia, la bellissima donna sua, già si sente vinta dall’amore verso un giovine e forte discepolo del marito. Gerolamo Rovetta col Giorno della cresima è tornato alla serie di scene che volgono a lieto fine; ma per quanto egli vi abbia profuso arguzia di buona lega e finezze di dialogo, la commedia non ha ottenuto il largo consenso che solitamente accoglie i lavori rovettiani ed ha accolto, mentre scriviamo Papà Eccellensa con lietissima sorte.

La Carità mondana, già classicamente scolpita in un capolavoro ibseniano, già con trama troppo scheletrica si da lasciare scorger la 39 tesi, discussa dal Brieux nei Benefattori, ha tentato Giannino Antona-Traversi che, con l’usata disinvoltura, ha ricamato su l’argomento una serie di dialoghi vivaci e scintillanti. Un altro giovane veterano, Sabatino Lopez, sembra con la Donna d’altri aver fatto opera d’arte compiuta: il teatro del Lopez è già vario d’argomento numeroso per lavori, va dal primo fortunato dramma psicologico a leggiadre pitture d’ambiente; il commediografo livornese ha sempre concepito la trama dell’azione in modo da destar l’invidia di fortunati colleghi ma spesso gli nocque la frettolosa esecuzione.

Un critico drammatico fiorentino, Umberto Ferrigni, si è arrischiato con fortuna alla ribalta: Le prime armi sono la pittura assai delicata della passione che fiorisce tra un giovine e una donna la cui bellezza tramonta. La sorella minore, di Tommaso Monicelli, ha superato quasi d’un tratto le difficoltà non lievi di una prima prova al teatro. Argomento simile a quello trattato dal Sudermann nello Sturmgeselle Sokrates svolse Augusto Novelli in Vecchi eroi, ponendo a confronto e contrasto in iscene di fattura romantica e non troppo proporzionate come svolgimento l’ideale della generazione cui si deve l’unità della patria e le moderne teorie sovversive.

Enrico Corradini, cui piacque evocare in Maria Salvestri una creatura tutta passione, si è lasciato tentar di nuovo dalle grandi figure e i grandi ambienti storici, provandosi a ritrarre Carlotta Corday, l’eroina di una intera letteratura drammatica; la tragedia recitata dalla Compagnia Stabile Romana incontrò il favore del pubblico napoletano; e questa Compagnia che per la coscienza e l’amore con cui adempie alla sua missione merita ogni elogio, allesti uno spettacolo nobilissimo quale da queste colonne avevamo vagheggiato: vogliamo dire della Orestiade ridotta da Antonio Cippico e da Tito Marrone con fine sentimento d’arte in modo da presentare al pubblico attento e rispettoso un assieme degno per ogni riguardo del geniale tentativo.

Nella nostra scena di prosa si nota quindi un certo risveglio: gli autori si provano a tutti i generi e mostrano anzi il deliberato proposito di lasciar da parte le eterne disquisizioni psicologiche su l’adulterio o le imitazioni troppo palesi del teatro ibseniano o russo,

A questo proposito convien notare due lavori di inspirazione e sceneggiatura tutta italiana, agili e chiari nella struttura di una semplicità [p. 40 modifica]goldoniana. Li ha scritti Mario Morais, un pubblicista noto sinora per qualche garbato libro di letteratura infantile. Al primo L’avvocato difensore giovarono la grazia spigliata del dialetto veneziano e il sentimento profondo con cui Dora Baldanello impersonò la figura interessante d’un’orfanella cresciuta in una casa della piccola borghesia e sedotta dal giovinotto di casa. Nell’altro Le sorprese della villeggiatura Ida Carloni e Camillo Tovagliari reggono con brio e comicità le due parti principali. E nell’assieme queste commediole, cui guastano alcune battute troppo volgari. dànno veramente bene a sperare per l’autore.

Che dire del nostro teatro lirico? La Figlia di Jorio del maestro Franchetti rappresenta quasi unicamente la produzione musicale della decorsa annata: e l’opera è classificata già dal comune consentimento dei critici e dei pubblici che poterono giudicarla. Molti si sono richiesti se la vivacità di colorito, se la intensa e concisa energia passionale per cui vive Mila di Codra. nella linea anche più raccolta del libretto. fossero proprio rispondenti al carattere dell’insigne compositore. Ma con la scelta dell’argomento egli aveva in precedenza risposto a tale richiesta forse indiscreta. A_ogni modo, mentre in questa partizione. sono la sicurezza di tocco e la solidità della trama orchestrale che sorpresero nelle opere giovanili del maestro; vi si riscontra una maggior grazia melodica che ad esse sembrava mancare.

AI teatro lirico si ricongiungono un trionfo e un augurio. Il trionfo è di Fausto Salvatori; con un dramma che molto ritrae, nella concezione e nelle espressioni, della dannunziana Figlia di Jorio a giudicarne dai saggi pubblicati, il poeta romano di cui anche l’anno scorso elogiammo le Eumeridi, ha riportato la vittoria nel Concorso bandito dal Sonzogno pel miglior libretto d’opera.

L’augurio è che questa Festa del Grano cui ora s’accinge Pietro Mascagni meriti corone intessute da quanti lauri hanno floride bacche nelle boscaglie a specchio dei tre limpidi mari d’Italia...

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