Novellino/LXXVII
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Messere Rinieri da Montenero, cavaliere di corte, sì passò in Sardigna, e stette col donno d’Alborea; et innamorovvi d’una sarda ch’era molto bella. Giacque con lei. Il marito li trovò. Non li offese, ma andossene dinanzi al donno e lamentossi forte.
Il signore amava questo sardo; mandò per messere Rinieri; disseli molte parole di gran minacce. E messere Rinieri, scusandosi, disse che mandasse per la donna e domandassela se ciò che fece fu altro che per amore.
Le gabbe non piacquero al signore: comandolli ch’elli sgombrasse il paese sotto pena della persona. Non avendolo ancora meritato di suo stallo, messere Rinieri disse:
«Messere, piacciavi di mandare in Pisa al siniscalco vostro che mi proveggia».
Il donno disse:
«Cotesto farò io bene»: feceli una lettera e dieglile.
Or giunse in Pisa e fu al detto siniscalco et, essendo con la nobile gente a tavola, contò il fatto com’era stato; poi die’ questa lettera al siniscalco, la quale avea recata; e quelli la lesse, e trovò che·lli dovesse donare un paio di calze line a staffetta, cioè sanza peduli, e non altro. E, innanzi a tutti i cavalieri che v’erano, sì·lle volle. Avendole, ebbevi gran risa e sollazzo. Di ciò non s’adirò punto, perciò ch’era molto gentile cavaliere.
Or avenne ch’entrò in una barca con un suo cavallo e con un suo fante, e tornò in Sardigna. Un giorno, andando il donno a sollazzo con altri cavalieri (e messere Rinieri era grande della persona et avea le gambe lunghe et era su uno magro ronzino, et avea queste calze line in gamba), il donno il conobbe e con adiroso animo il fe’ venire dinanzi da·ssé e disse:
«Che è ciò, messer Rinieri, che voi non siete partito di Sardigna?»
«Certo» disse messere Rinieri, «sì sono; ma io sono tornato per li scappini delle calze».
Stese le gambe, mostrò i piedi.
Allora il donno si rallegrò e rise e perdonolli, e donolli la roba ch’avea indosso e disse:
«Messere Rinieri bene hai saputo più che io non ti insegnai».
E que’ disse:
«Messere, elli è al vostro onore».