Novellette ed esempi morali (Bernardino da Siena)/Carità, elemosina, amicizia

Carità, elemosina, amicizia

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Il mondo che inganna La pace
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ESEMPI E DETTI MORALI


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CARITÀ, ELEMOSINA, AMICIZIA


I.


Ogni volta che le cagioni so’ debili e disutili, non possono èssare né forti né fruttuose l’amicizie. Al debile non è forte l’amicizia; al disutile non è fruttuosa l’amicizia. Son debili le cagioni? — Sí. — L’amicizia è debile. Sai come so’ fatte? Piglia l’esemplo. Sai come è fatta l’amicizia di un oste con uno viandante? El viandante giògne all’oste: “Dio t’aiuti.” “Tu sia il benvenuto.” “Hai che mangiare nulla?” “Sí.” “Or cuocemi una minestra di cavolo e due uova.” E mangiato, il viandante il paga e vassi via; e subbito che è partito d’inde, è dimenticata questa amicizia; ché non sono anco smaltite l’uove, ed è passata quell’amicizia. Quest’amicizia non è attaccata da niuno canto: queste amicizie passano via, com’uno scrullo che tu dài al pero, subbito caggiono le pere; non sono attaccate con buona amicizia. Se l’amicizia è debile, poca è l’amicizia; se v’è poco diletto, anco poca è l’amicizia: se v’è poca virtú, anco v’è poca amicizia. Tutte queste cose fanno èssare l’amicizia piccola e poca.


II.


Tu dovaresti pigliare essemplo dalle bestie, dalli ucielli, se tu non hai capacità da te. O fanciulli, [p. 90 modifica]fanciulli, quando voi pigliate i rondinini, come fanno le rondine? Tutte le rondine si ragunano insieme e voglionsi ingegnare d’aiutare i rondinini. Non fa cosí l’uomo: non che elli si ingegni di aiutarlo, ma egli non gli ha compassione. Peggio che gli uccelli è l’uomo! O beccari, (èccene niuno?) avete posto mente a quello ch’io vi dico? Vedeste mai quando voi ammazzaste niuna bestia grossa? Sai, quando tu amazzi la vitella, e elli vi sia un’altra vitella, o la vacca presente? Certo, se veduto il bu’, la vitella, che vede piangente colle lagrime agli occhi per la compassione di quella che vegono morire. Oh, confusione dell’uomo crudele, che non ha compassione dell’uomo che è suo simile! Ché vedi che la bestia è piú piatosa che non se’ tu. Cosí puoi vedere de’ porci, che tanto sono piatosi l’uno dell’altro, che come uno grida, tutti gli altri corrono per aitarlo, se ’l potessero aitare.


III.


Sappiatevi comportare l’uno coll’altro, e perdonate l’uno all’altro, però che noi siamo insieme membri. — Tutti siamo membri: la santa Chiesa è il corpo, e noi siamo membri, e Cristo Jesu è il nostro capo. Doh! tu vedi l’essemplo nel corpo nostro, il quale è composto di molti membri e quando uno di questi membri ha alcuno difetto, tutti s’ingegnano d’aiutarlo. Se e’ duole il capo, la mano corre ad esso. Hâlo rotto? E la gamba il porta al medico; e cosí ogni membro [p. 91 modifica]s’ingegna d’aitarlo quanto e’ può. Colui che non aita i suoi membri quando hanno difetto, so’ paralitichi per vizio di non avere compassione. Sai chi so’ costoro? So’ coloro che fanno il contrario di quello che dovarebbero fare; che dovendo aitare, e ellino disaitano. Oh, quanto va male, quando va cosí! È morto il marito a una? Non la robbare, ma dàlle vigore. È rimasto il pupillo? Aitalo, non a fiacare il collo; ché non aitandolo tu, quando puoi, tu ne rimani ubrigato all’anima tua, dove tu potevi meritare, che n’eri tenuto, e tu non l’hai aitato e hâne dismeritato. Elli m’è detto, che elli si convien gridare di questa parte della vedova e del pupillo. Io vel dico, vel ricordo e priego, che voi ne siate piatosi e misericordiosi però che essi hanno perduto il capo loro, il padre loro. Tu ne se’ tenuto e in quanto a Dio e in quanto al mondo.


IV.


Ogni volta che tu vieni a dare, dà presto ed allegro. E piú piace al pòvaro uno bichiere d’acqua con allegrezza e con prestezza, che uno quartuccio di vino con accidia e con stento. Sai come molte fanno? El pòvaro o ’l frate chiede la limosina; e ella dice: “Oh, aspettate.” E egli aspettarà talvolta una mezz’ora; e infine quando l’ha fatto stentare, e ella gli getta uno pane da la finestra, e daràgli talvolta intro ’l capo. Questo pur posso io dire di pruova, che quando io andavo acatando, gittandomi una il pane a quel modo, egli mi [p. 92 modifica]giònse in sul dito, e dolsemi molto bene: forse che colei non mel de’ volentieri. E però ti dico che tu dia volentieri, come ti viene a casa. Come t’è adomandato per amor di Dio, e tu ti leva su prestamente. Ecce, e molto volentieri. O vecchio avaro, o vecchio avaro, io ti ricordo uno Ecce. Ecco già la morte adossoti, e non provedi a la salute tua. Non vedi tu che tu hai già el capo ne la fossa? E che aspetti tu, se non la morte? Doh, povaretto, fatti lume dinanzi, non aspettare che ’l lume ti sia fatto dietro. Quando dànno la limosina molte persone? Sai quando? Quando ellino si vegono in sul capezzale, e che non possono campare e non possono portare la robba con loro. Costoro si possono assimigliare al bossolo denaio, che mai non si possono avere e denari che vi son dentro, se non quando elli si rompe. Cosí anco si può assimigliare al fanciullino, quando egli ha la pera ed ammorsala, e poi la dà a la madre, e non la voleva dare in prima, e diceva: — Te’, te’ — Doh, povaretto, non aspettare piú! Se vedi il povaro, soviello, aitalo tu, non aspettare che un altro facci bene per te, poi che tu non lo fai, tu.

 Io ti voglio dire uno essemplo di una che era usa di dare la limosina, e usava questo Ecce.1Essendo una volta in chiesa, e uno povaretto mezo innudo domanda limosina a costei; e mentre che il pòvaro la chiedeva, el prete diceva: Sequentia sancti Evangelii. Costei considera: — Che fo io? [p. 93 modifica]Fo io aspettare costui, o lasso stare el Vangelo? S’io il fo aspettare, elli si muore di freddo. Andò diliberatamente in uno canto de la chiesa, e spogliossi la fòdara, e dèlla a questo pòvaro. Odi miracolo! Torna all’altare: el prete era a la medesima parola! E però va’ come t’è adomandata, e fa’ che subito tu sia presto: Ecce. Basti.


V.


O tu che hai in casa tanto grano ragunato, pieni e’ granai, pieni i palchi, pieni e’ cassoni, e per la tanta quantità non potendolo governare, elli si viene a guastare, e elli sel mangiano e’ pontaruoli, e anco le pàssare n’hanno la loro parte, e ’l pòvaro n’ha bisogno, che credi che Idio ti facci? Sai di che t’avviso? Prima ti dico che quel grano non è tuo; anco è di colui che n’ha bisogno. Quello grano è de’ povari che patono molte volte fame grandissima. Simile tanto vino quanto tu hai, che innanzi che tu ne vogli dare al pòvaro vuoi prima che si facci cercone, e gittarlo, credi che Idio te ne paghi, eh? Simile a te, donna, che hai tanti panni ne la tua cassa, pieni i goffani, piene e cariche le pertiche; credi che mai Idio te ne paghi? Che prima vuoi che le tignole se li mangino, che aiutarne il pòvaro bisognoso. Se tu ti vuoi scusare, o di non averne molti, o per altro modo, almeno a questo non puoi tu fare scusa buona. O coteste maniche tanto grandi, con tanto panno dentrovi, che se ne potrebbe fare due mantelli, che dirai? Oimé, non ghigniate, che ’l diavolo se ne ghigna [p. 94 modifica]anco lui! E’ serafini di Dio hanno due ale; e i serafini del diavolo n’hanno altre due: voi sête veramente e’ serafini del diavolo. Doh, povarette, voi non aspettate se non la vendetta di Dio!


VI.


Oimé, questo tempo che noi potiamo operare le virtú, operiamole; non stiamo oziosi per la salute nostra e per non èssare divisi da tanto bene. Oimé, che quando io considero in colui che ha robbato colui che avrebbe fatto limosina di quello che gli ha tolto, come ne so’ assai che darebbero per Dio, se n’avessero; e come so’ molte vedove e anco de le maritate pietose, a le quali è stato tolto per forza de la robba, e non possono distèndare la mano al povaro, stato lo’ tolto il pane di mano, e beuto lo’ il sangue: cosí anco dimolti che hanno robbati li spedali, i quali fanno de le limosine a’ povari, a’ peregrini dando albergo, e dell’altre buone operazioni; e tu hai robbato quello che si sarebbe dato a molti povari, che non l’hanno avuto! O che dirà Idio a costoro? Non solamente dirà: — Tu mi vedesti affamato, e non mi desti mangiare; ma tu l’hai tolto a colui che me n’avrebbe dato e non me ne poté dare. Hai piú tosto voluto che s’infracidi il grano nel tuo granaio, che darne al pòvaro. Hai piú tosto voluto darne a’ cani, che al pòvaro. Cosí del vino, piú tosto l’hai lassato guastare e gittatolo poi, che volutone dare al pòvaro che si moriva di sete. — E che credi anco che dica a queste donne che [p. 95 modifica]hanno veduto il povaretto mezzo innudo aghiacciare, e elleno hanno vestimenti tanto grandi che cuoprono la terra, tanto so’ longhi? Simile, di coloro che hanno le maniche tanto larghe, che se ne potrebbero ricuoprire parecchi pòvari. Oh, quante maladizioni n’avrai anco da Dio! Elli se lo’ mostrarà turbato con quella vista orribile, dicendo: — Via, via, maladette femine del diavolo, che avete voluto piú tosto spazare la via de’ vostri vestiri che darne al pòvaro.


VII.


Voglio... dire di coloro che fanno loro limosine, chi in fare capelle, chi in fare calici, e chi in fare paramenti, là dove pongono l’armi loro. E perché credi che ve le ponghino? Non per altro se non perché si sappi che l’ha fatte. Che credi che dimostrino quelle armi? Non altro che per fumo. La intenzione sua di dare tali cose e di pònarvi l’arme non è se non che elli vuole che altri sappi come egli l’ha fatto fare lui, e sicondo che è il fine suo, cosí è l’operazione.

L’animo suo finisce, solo che si sappi fra la gente. E l’anima che credi che ne senta, eh? Poco mi credo io, però che questo non è altro che fumo di vanagloria. E per ammaestramento di chi vuole bene edificare la sua limosina, dàlla oculta, però che questo è uno modo, che sempre tale limosina orarà per te dinanzi a Dio.


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VIII.


O donna de le maniche larghe, se Idio ti dicesse: — Lassa stare queste maniche larghe, se non io ti darò l’inferno; — e tu le volesse pure portare, non ti starebbe bene? Oimé, che ben che tu le porti, almeno fussero elleno di buono guadagno! O ricco avaro, come non hai tu compassione al pòvaro, come ne se’ tu tanto crudele, che la gallina dimostra d’essere piú piatosa, che tu non se’ tu? La gallina, quando le gittano pure quattro granelli di grano, ella chiama l’altre galline perché n’abbino anco loro. Cosí anco la chioccia, quando ha nulla da mangiare, chiama tutti i pulcini, spezialmente quando l’è dato un poco di panico. Se altra ragione non ti movesse, questa ti dovarebbe muòvare. Idio è quello che ci dà tutti i beni in questo e ne l’altro mondo. Se egli t’ha dato tanto pane, che tu vivi in abondanza, e mandati un povaretto a l’uscio, il quale si muore di fame, e fattelo chiedare per suo amore, come se’ tu tanto ingrato, che tu non ne gli dài per suo amore? Elli t’ha dato del vino assai: ora ti manda costui perché tu ne li dia un poco. Come nel sai mandare adietro che tu non ne gli dia? Simile, t’ha dati de’ denari in abondanzia: ora ti manda el povaro e fattene chiedare per suo amore, che tu ne gli dia. Come se’ tu tanto villano, che tu il mandi via senza? Quel denaio è di Dio.


Note

  1. Il santo commenta l’episodio di Zacheo (Luca, cap. 19), e precisamente le parole: Ecce, Domine, dimidium bonorum meorum do pauperibus. La parola Ecce sta a dimostrare nel pensiero del santo la prontezza nell’elemosina.