Novellette e racconti/XXVII. S'insegna ad una moglie il segreto per vivere in pace col marito

XXVII.
S’insegna ad una moglie il segreto per vivere in pace col marito

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S’insegna ad una moglie il segreto per vivere in pace col marito
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S'insegna ad una moglie il segreto per vivere in pace col marito.


Io non saprei veramente qual consiglio dare alla signora che mi scrive la polizza ch’io porrò qui sotto.

Vorrei che il signor Gazzettiere mi dicesse in qual forma debbo aver pace con mio marito. Egli da poco in qua è divenuto fastidiosissimo, e non posso aver pace seco. Come mai si può fare a vivere quietamente? Vorrei che m’insegnaste qualche rimedio.

Signora mia, rispondo io, non conosco nè il suo temperamento, nè quello del marito di lei. Qualche cosa vorrei dirle per compiacerla, e non so che. Ricordomi di aver letto una novelletta, non so se sia vecchia o nuova: ella vedrà se le può giovare.

Furono già, non è molto tempo, due giovani, maschio e femmina, i quali si amavano affettuosamente, e parea loro di non poter vivere l’uno senza l’altro. Di che patteggiando onestamente, divennero marito e moglie. Nei primi giorni ogni cosa fu pace e amore: ma come si fa, che gli uomini e le donne tengono sempre nascosta qualche cosellina, quando sono innamorati, che si manifesta poi con la pratica del matrimonio, il quale fa conoscere le magagne dall’una parte e dall’altra. Avvenne che la donna, la quale bellissima era, si scoperse di tal condizione, che di ogni leggiera cosetta borbottava sempre, e avea una lingua serpentina che toccava le midolle. Amavala il marito con tutto l’animo; ma dal lato suo essendo piuttosto collerico, ora si divorava dentro e talora gli uscivano di bocca cose che gli dispiacea di averle dette. Per liberarsi in parte dell’affanno, incominciò a darsi al bere, e uscito di casa con le compagnie degli amici, ne andava qua e colà, e assaggiando varie qualità di vini, ritornava la sera [p. 48 modifica]a casa con due occhiacci che parea una civetta e appena potea favellare. Immagini ognuno la grata accoglienza che gli facea la moglie, la quale non sì tosto sentiva la chiave voltarsi nella serratura, che andata in capo della scala col gozzo di villanie ripieno, apriva la chiavica, e lasciava andare un’ondata d’ingiurie che lo coprivano da capo a’ piedi. Egli mezzo assordato e strano pel vino che avea in testa, le diceva altrettanto con una favella mezza mozza e poi si metteva a dormire. Finalmente andò tanto innanzi la faccenda, che poco si vedeano più, perchè il marito stava da sè solo anche la notte; e talvolta anche più non veniva a casa, ma dormiva alla taverna. La donna, disperata di quest’ultima vendetta, andò ad una buona femmina, che facea professione di bacchettona, e le chiese consiglio: questa, per abbreviarla, le diede una cert’ampolla di acqua limpidissima che ella dicea di avere avuta da un pellegrino venuto di oltremare, di grandissima virtù, e le disse che quando il marito suo venisse a casa, se n’empiesse incontanente la bocca e si guardasse molto bene dall’inghiottirla o sputarla fuori, ma la tenesse ben salda; e tale sperienza facesse più volte, e poi le rendesse conto della riuscita. La donna, presa l’ampolla, e ringraziatala cordialmente, e ne andò a casa sua, e attendeva il marito per far prova della mirabile acqua che a lei era stata data. Ed ecco che il marito picchia, ed ella, empiutasi la bocca, va ad aprire. Sale il marito, mezzo timoroso dell’usata canzone, si meraviglia di trovarla cheta come olio: dice due parole, ed ella niente: il marito le domanda, Ch’è? ed ella gli fa atti cortesi e buon occhio, e zitto: il marito si rallegra; ella dice fra sè: Ecco l’effetto dell’acqua; e si consola. La pace fu fatta. Durò l’acqua più dì, e sempre vi fu un’armonia che pareano due colombe: il marito non usciva più di casa, tutto era consolazione. Ma venuta meno l’acqua dell’ampolla, eccoti di nuovo in campo la zuffa. La donna ricorre alla bacchettona di nuovo, e quella dice: Oimè! rotto è il vaso dove [p. 49 modifica]tenea l’acqua. Che si ha a fare? risponde l’altra. Tenete, risponde la bacchettona, la bocca come se voi aveste l’acqua dentro, e vedrete che vi riuscirà a quel medesimo.

Non so se la novella sia al proposito, ma fate sperienza. Ogni sorta di acqua credo che vaglia, e sentite che anche senza acqua si può fare il segreto.